MASSIMA
La nozione di “società con azioni quotate in mercati regolamentati” di cui all’art. 2325-bis c.c. (“Società Quotate”) – a differenza della analoga nozione di cui all’art. 119 TUF, espressamente circoscritta alle “società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati italiani o di altri paesi dell’Unione Europea” – comprende anche le società con azioni negoziate in mercati di paesi diversi dai membri dell’Unione europea, a condizione che il mercato di quotazione presenti caratteristiche analoghe a quelle possedute dai mercati regolamentati unionali. In tali circostanze, si reputa legittima la clausola statutaria, di natura ricognitiva e qualificatoria, che attribuisca alla società la natura di “società con azioni quotate in mercati regolamentati” ai sensi dell’art. 2325-bis c.c., con conseguente applicazione della disciplina ad esse dedicata dal Codice Civile e dalle altre norme riferite alla nozione di cui all’art. 2325-bis c.c.
La nozione di “società emittenti di azioni diffuse fra il pubblico in misura rilevante” di cui all’art. 2325-bis c.c. (“Società Diffuse”) è data dall’effettivo ricorrere dei requisiti positivi e negativi previsti dall’art. 2-bis Reg. Consob 11971/1999 (cui rinviano gli artt. 111-bis disp. att. c.c. e 116 d.lgs. 58/1998). Il sistema di pubblicità disciplinato dall’art. 108, commi 2 e 5, Reg. Consob 11971/1999 (sito internet delle società emittenti e sito internet della Consob) non ha effetti costitutivi e non è di per sé sufficiente per qualificare o meno una società come Società Diffusa.
Si deve in ogni caso ritenere che ciascuna delle seguenti circostanze costituisca un elemento oggettivamente riscontrabile, idoneo ad escludere la qualificazione di una società come Società Diffusa:
– la sussistenza di uno o più soci di controllo che detengano una partecipazione superiore al 95 per cento del capitale;
– la sussistenza di un numero di soci iscritti nel libro soci che sia pari o inferiore a 500;
– il mancato superamento, nell’ultimo bilancio di esercizio, di almeno due dei tre limiti indicati nell’art. 2435-bis, comma 1, c.c.;
– la mancata sussistenza di tutte le condizioni richieste dall’art. 2-bis, comma 2, Reg. Consob 11971/1999, ossia, riassuntivamente: (i) offerta al pubblico o collocamento nei 24 mesi precedenti il verificarsi dei requisiti di cui all’art. 2, comma 1, Reg. Consob 11971/1999; (ii) offerta al pubblico o collocamento in presenza dei requisiti di cui all’art. 2, comma 1, Reg. Consob 11971/1999; (iii) negoziazione delle azioni su un sistema multilaterale di negoziazione col consenso dell’emittente o revoca dalla negoziazione delle azioni su un mercato regolamentato; (iv) natura bancaria dell’emittente;
– la sussistenza di una delle condizioni previste dall’art. 2-bis, comma 3, Reg. Consob 11971/1999, ossia: (i) la presenza di limiti legali alla circolazione riguardanti anche l’esercizio dei diritti aventi contenuto patrimoniale; (ii) la presenza di oggetto sociale che prevede esclusivamente lo svolgimento di attività non lucrative di utilità sociale o volte al godimento da parte dei soci di un bene o di un servizio;
– l’assoggettamento a una delle procedure di crisi di impresa di cui dall’art. 2-bis, comma 3-bis, Reg. Consob 11971/1999.
MOTIVAZIONE
1.— Il nostro ordinamento contempla tre diverse varianti del tipo s.p.a., vale a dire le società quotate, quelle che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio senza essere quotate (ovvero le società emittenti azioni diffuse fra il pubblico in misura rilevante) e, infine, le società che non sono quotate e che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio (c.d. società chiuse). Questa classificazione, introdotta nel 2003, trova il suo fondamento nelle norme del codice civile (in particolare nell’art. 2325-bis c.c.) e del TUF (sul punto si veda l’art. 119 TUF che delinea l’ambito di applicazione degli articoli del TUF relativi alle società con azioni quotate).
Il codice civile riserva a ciascuna di queste varianti del tipo s.p.a. l’applicazione di specifiche disposizioni. In modo simile, anche il TUF prevede regole di diritto societario applicabili a ciascuna di queste varianti, contenendo disposizioni relative alle società con azioni diffuse tra il pubblico in misura rilevante (art. 83-sexies, comma 3, TUF), una disciplina dettagliata delle società quotate (si vedano gli artt. 119 ss. TUF), e anche regole applicabili alle società non quotate che potrebbero anche non avere azioni diffuse fra il pubblico in misura rilevante (art. 123-bis, comma 5, TUF).
Negli ultimi anni il nostro ordinamento ha poi arricchito ulteriormente il novero delle varianti del tipo s.p.a. con alcune disposizioni destinate alle società con azioni negoziate in sistemi multilaterali di negoziazione. I riferimenti a questa nuova variante possono essere individuati, sia nel codice civile (art. 2441 c.c.), sia nel TUF (si vedano in particolare gli artt. 83-sexies, 83-duodecies, 127-bis e 132 TUF, i quali, seppur con qualche differenza, fanno riferimento alle società con azioni negoziate in sistemi multilaterali di negoziazione).
Nonostante il nostro ordinamento delinei in modo chiaro la disciplina di queste diverse declinazioni del tipo s.p.a., permangono incertezze sull’individuazione delle relative fattispecie e quindi sulle caratteristiche che una società deve possedere per rientrare in ciascuna di queste varianti. La questione ha riflessi operativi nelle verbalizzazioni assembleari, proprio perché il notaio deve talvolta individuare quali disposizioni devono essere applicate per effettuare le verifiche previste dall’art. 2436 c.c. Il tema rileva soprattutto per quanto riguarda la qualificazione di una società come società quotata o come società con azioni diffuse fra il pubblico in misura rilevante.
2. — Per risolvere alcune di queste incertezze sull’individuazione delle diverse varianti del tipo s.p.a., partendo dalla nozione di società quotata, si deve segnalare che il riferimento alle «società emittenti di azioni quotate in mercati regolamentati» contenuta nell’art. 2325-bis c.c. non è limitato alle sole «società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati italiani o di altri paesi dell’Unione Europea», al contrario di quanto dispone, invece, l’art. 119 TUF sempre con riferimento alle società con azioni quotate. Ugualmente, neppure le altre disposizioni del codice civile applicabili alle società con azioni quotate in mercati regolamentati limitano il loro campo di applicazione alle sole società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati dell’Unione europea. Di conseguenza, è corretto concludere che le regole codicistiche destinate alle società quotate sono applicabili anche alle società con azioni quotate in mercati regolamentati non appartenenti all’Unione europea o allo Spazio economico europeo, purché il mercato di quotazione presenti caratteristiche analoghe a quelle richieste per i mercati regolamentati dell’Unione europea.
Di conseguenza, per determinare se una società con azioni quotate su un mercato che non appartiene all’UE o allo SEE possa dirsi quotata, e quindi vedersi assoggettata alle regole previste dal codice civile per questa variante di s.p.a., occorrerà, tra l’altro, verificare le caratteristiche del mercato su cui le azioni di detta società sono negoziate. Questa valutazione può essere agevolata dalla stessa società oggetto di esame e, pertanto, si ritiene legittima l’introduzione nello statuto di una clausola che faciliti l’accertamento della qualifica di società quotata in capo ad una s.p.a. con azioni quotate in un mercato regolamentato non appartenente all’UE o allo SEE. In particolare, detta clausola dovrà avere ad oggetto il riscontro della sussistenza in capo al mercato di quotazione delle caratteristiche previste dall’art. 4, par. 1, n. 21), direttiva 2014/65/UE, il quale definisce il mercato regolamentato come quel «sistema multilaterale, amministrato e/o gestito da un gestore del mercato, che consente o facilita l’incontro, al suo interno e in base alle sue regole non discrezionali, di interessi multipli di acquisto e di vendita di terzi relativi a strumenti finanziari, in modo da dare luogo a contratti relativi a strumenti finanziari ammessi alla negoziazione conformemente alle sue regole e/o ai suoi sistemi» e che è autorizzato e funziona regolarmente e conformemente a quanto previsto dalla citata direttiva.
3. — La seconda parte della massima, invece, esamina il delicato tema della verifica delle caratteristiche delle società con azioni diffuse fra il pubblico in misura rilevante, ovvero di quelle società che, ai fini dell’applicazione delle norme codicistiche, pur non essendo quotate, possono essere qualificate come società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio. Anche in questo caso non vi è coincidenza tra le nozioni contenute nel codice civile e nel TUF. Ad esempio, se, ai fini del codice civile, la diffusione delle azioni tra il pubblico in misura rilevante viene determinata dall’art. 111-bis disp. att. c.c. richiamando l’art. 116 TUF, quest’ultima norma, relativa agli emittenti strumenti finanziari diffusi tra il pubblico, fa riferimento agli strumenti finanziari e non soltanto alle azioni. Ne discende che la nozione codicistica di società con azioni diffuse fra il pubblico in misura rilevante è più circoscritta di quella di emittente strumenti finanziari diffusi tra il pubblico contenuta nel TUF.
L’art. 116 TUF, comunque, non fornisce chiari indici definitori, ma si limita, a sua volta, a rinviare a un regolamento Consob, vale a dire al Reg. Consob 11971/1999, il quale, al suo art. 2-bis, fornisce la definizione di emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante. È quindi dal disposto dell’art. 2-bis Reg. Consob 11971/1999, non dimenticando i disallineamenti normativi tra il codice civile e il TUF, che si deve partire per verificare se le azioni di una s.p.a. siano diffuse fra il pubblico in misura rilevante.
In primo luogo questa valutazione deve prendere in considerazione la circostanza che alcune caratteristiche della s.p.a. oggetto d’esame portano ad escludere che la stessa sia una società con azioni diffuse. In particolare, qualora la società, alternativamente, (a) abbia uno o più soci di controllo che detengono una partecipazione superiore al 95 per cento del capitale, (b) abbia un numero di soci iscritti nel libro dei soci pari o inferiore a 500, o (c) non abbia superato nell’ultimo bilancio di esercizio almeno due dei tre limiti indicati all’art. 2435-bis, comma 1, c.c., relativo al bilancio in forma abbreviata, si potrà escludere, senza ulteriore indagine, che essa ricada in questa variante.
Qualora questi criteri di esclusione non siano soddisfatti, affinché una società possa essere considerata una società con azioni diffuse tra il pubblico in misura rilevante, è comunque necessario che si realizzi almeno una delle seguenti condizioni: (a) è stata realizzata un’offerta al pubblico o un collocamento nei 24 mesi precedenti il venir meno dei requisiti quantitativi indicati nel paragrafo precedente, (b) è stata realizzata un’offerta al pubblico o un collocamento in assenza dei requisiti quantitativi indicati nel paragrafo precedente, (c) le azioni della società sono o sono state negoziate su sistemi multilaterali di negoziazione con il consenso dell’emittente o del socio di controllo oppure sono state ammesse alla negoziazione su mercati regolamentati e successivamente sono state oggetto di revoca, o (d) le azioni della società sono emesse da banche e sono acquistate o sottoscritte presso le loro sedi o dipendenze.
Non rientrano poi nella nozione di società con azioni diffuse tra il pubblico in misura rilevante quelle società le cui azioni sono soggette a limiti legali alla circolazione riguardanti anche l’esercizio dei diritti aventi contenuto patrimoniale, oppure il cui oggetto sociale prevede esclusivamente lo svolgimento di attività non lucrative di utilità sociale o che sono volte al godimento da parte dei soci di un bene o di un servizio. Ugualmente, non hanno azioni diffuse tra il pubblico in misura rilevante le società assoggettate a una delle procedure di crisi di impresa indicate nell’art. 2-bis, comma 3-bis, Reg. Consob 11971/1999.
Le disposizioni codicistiche destinate alle società con azioni diffuse fra il pubblico in misura rilevante saranno applicabili indipendentemente da realizzarsi di condizioni diverse da quelle sopra indicate. In particolare non rilevano le regole previste dall’art. 108 Reg. Consob 11971/1999, sull’individuazione degli emittenti strumenti finanziari diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai fini dell’applicazione degli obblighi previsti dal TUF. Si deve quindi escludere che il sistema di pubblicità disciplinato dall’art. 108, commi 2 e 5, Reg. Consob 11971/1999 (sito internet delle società emittenti e sito internet della Consob) abbia un valore costitutivo o dichiarativo per determinare l’appartenenza di una società a questa variante.
Si deve riconoscere però che l’art. 108, Reg. Consob 11971/1999, comunque, fornisce anche qualche utile indicazione sugli strumenti che l’operatore potrà utilizzare per verificare la sussistenza delle condizioni previste dall’art. 2-bis Reg. Consob 11971/1999 («risultanze del libro dei soci, degli ultimi bilanci approvati, delle comunicazioni ricevute e di ogni informazione a loro disposizione»).