MASSIMA
Alla riduzione del capitale sociale per perdite inferiori a un terzo non sono applicabili le disposizioni degli artt. 2445 e 2482 c.c., mentre sono applicabili le sole prescrizioni dettate per la riduzione obbligatoria necessarie al fine di rilevare l’entità delle perdite (artt. 2446 e 2482-bis c.c.). In particolare:
– non spetta ai creditori il diritto di opposizione di cui agli artt. 2445 e 2482 c.c., e pertanto la deliberazione può essere eseguita immediatamente;
– non sussiste alcun obbligo per gli amministratori di convocare senza indugio l’assemblea per l’adozione degli opportuni provvedimenti;
– la deliberazione deve essere assunta sulla base delle risultanze del bilancio di esercizio o di una situazione patrimoniale aggiornata, nei termini e con le caratteristiche applicabili nei casi di riduzione obbligatoria;
– non sussiste l’obbligo di deposito della situazione patrimoniale presso la sede sociale negli otto giorni precedenti l’adunanza.
La riduzione del capitale per perdite inferiori ad un terzo può essere deliberata per l’ammontare liberamente determinato dall’assemblea sino a concorrenza delle stesse.
MOTIVAZIONE
In attuazione delle disposizioni contenute nelle direttive dell’Unione Europea – ora contenute nell’art. 58 della Direttiva UE (2017/1132/UE), che impone agli Stati membri di rendere obbligatoria la convocazione dell’assemblea in caso di “perdita grave”, lasciando ampia libertà sulla relativa definizione (purché la misura della perdita non sia maggiore di un mezzo del capitale) e non indicando i provvedimenti da adottare – l’ordinamento italiano, agli artt. 2446 e 2447 c.c. (per le s.p.a.) e 2482-bis e 2482-ter c.c. (per le s.r.l.), ha fissato la soglia di “gravità” delle perdite a un terzo del capitale e ha predisposto regole nel solo caso di perdite eccedenti tale limite.
La massima affronta alcuni degli interrogativi che si pongono allorché la misura delle perdite sia inferiore a un terzo del capitale sociale. In tali circostanze, infatti, la riduzione del capitale per perdite non è regolata da alcuna norma, ma rappresenta un’ipotesi di rilevante interesse applicativo nei casi in cui, ad esempio, la società voglia rendere distribuibili gli utili futuri o procedere ad un aumento del capitale senza portare a nuovo le perdite o avere un capitale sociale che rispecchi la reale situazione della società.
In primo luogo, si aderisce alla tesi, decisamente prevalente in dottrina, dell’inapplicabilità delle norme dettate in tema di riduzione c.d. “reale” del capitale sociale (artt. 2445 e 2482 c.c.), in quanto essa non dà luogo né a una diminuzione dell’attivo patrimoniale (come avviene in tutte le ipotesi contemplate dagli artt. 2445 e 2482 c.c.) né una imputazione di capitale a riserva (ipotesi di riduzione “nominale”, non contemplata dalla legge, ma pacificamente assoggettata alle disposizioni della riduzione c.d. “reale” di cui ai predetti artt. 2445 e 2482 c.c.). Invero, la riduzione del capitale per perdite inferiore a un terzo del capitale, pur essendo facoltativa, non comporta una vera e propria diminuzione del vincolo di indistribuibilità nel capitale sociale, posto che il patrimonio netto è già sceso al di sotto del capitale sociale e pertanto la deliberazione si limita a prendere atto di una diminuzione patrimoniale già intervenuta.
In particolare, pertanto, si afferma che non sussiste il diritto di opposizione, attribuito ai creditori sociali dagli artt. 2445 e 2482 c.c. al fine di proteggere il loro interesse ad evitare la diminuzione della garanzia derivante dalla riduzione del patrimonio sociale derivante dalla riduzione “reale” del capitale sociale. Qualora fosse riconosciuto anche in caso di riduzione per perdite, il diritto di opposizione avrebbe invece il diverso scopo di favorire la ricostituzione del patrimonio già perduto, in virtù del permanere del divieto di distribuzione degli utili sino “a che il capitale non sia reintegrato in misura corrispondente” ai sensi dell’art. 2433, comma 3, c.c. Come da tempo osservato in dottrina, la diversa funzione dell’opposizione nei due casi non consente l’applicazione analogica dell’art. 2445 c.c. alla fattispecie considerata dalla massima.
Senza alcuna perplessità si afferma anche l’assenza dell’obbligo in capo agli amministratori di convocazione dell’assemblea senza indugio, per evidenti ragioni di ordine letterale: sono le stesse norme sopra citate a circoscriverne la portata alle sole fattispecie di riduzione obbligatoria. Inoltre, si deve ritenere che siffatto obbligo faccia parte di quella “procedura di allerta” che la legge rende obbligatoria proprio nel momento in cui, per la prima volta, si registrano perdite che comportano una diminuzione del patrimonio netto della società al di sotto della “soglia di rilevanza” pari ai due terzi del capitale sociale. Al di fuori di questa situazione di “allarme”, pertanto, non v’è ragione per imporre alcun obbligo di convocazione dell’assemblea, se ciò non venga ritenuto opportuno dall’organo amministrativo.
Si ritiene invece (in linea con gli orientamenti espressi dalla Cassazione proprio in relazione a questa fattispecie) che resti applicabile a tutela dei creditori e dei soci il modello informativo disegnato per il caso di perdite rilevanti: la deliberazione di riduzione per perdite, in altre parole, deve essere assunta sulla base delle risultanze del bilancio di esercizio o di una situazione patrimoniale infrannuale, che siano adeguatamente aggiornati, alla stregua della disciplina prescritta in caso di riduzione per perdite obbligatoria, ai sensi degli artt. 2446 e 2482-ter c.c.. In assenza di tale documentazione di supporto non sarebbe infatti possibile verificare (almeno ad una data di riferimento non eccessivamente distante dall’adunanza) la sussistenza e l’ammontare delle perdite che, sia pur facoltativamente, si intendono ripianare attraverso la riduzione del capitale.
Il bilancio dell’ultimo esercizio, se eccessivamente risalente, potrebbe infatti non riflettere ancora in tutto o in parte tali perdite o viceversa gli utili di periodo che si siano prodotti successivamente alla sua chiusura, laddove l’esatta rilevazione delle perdite è necessaria per poter verificare che la riduzione del capitale non avvenga in assenza o in eccesso delle stesse, con conseguente non conformità alla legge ove non sia rispettosa della disciplina relativa alla riduzione reale del capitale. In proposito, si può ritenere ammissibile fare riferimento alle risultanze del bilancio di esercizio, se chiuso in epoca non risalente a più di sei mesi dall’adunanza, secondo l’orientamento adottato con la massima II in data 16 gennaio 2001, elaborata da questa Commissione ancor prima della riforma del d.lgs. 6/2003, cui si rinvia anche per alcune precisazioni in proposito.
Non occorre tuttavia che la situazione patrimoniale sia accompagnata dalla relazione degli amministratori – munita delle osservazioni dell’organo di controllo o, nella s.r.l., del soggetto incaricato della revisione legale dei conti – che, nel caso di riduzione obbligatoria, è diretta a fornire indicazioni più circostanziate, oltre che sulla situazione stessa, sulle ragioni della formazione delle perdite, sul loro possibile incremento e sui provvedimenti che potrebbe essere opportuno assumere. Così come non appare applicabile la disposizione circa l’obbligo di deposito della situazione patrimoniale presso la sede sociale negli otto giorni anteriori all’adunanza: è pertanto possibile procedere secondo le regole ordinarie, che in caso di modifiche statutarie rimettono alle norme sulla convocazione, sul rinvio dell’assemblea e sull’assemblea totalitaria la tutela della partecipazione informata del socio alle adunanze.
In definitiva si può ritenere che, in assenza di perdite rilevanti, venga meno la necessità di predisporre e rendere disponibile entro un certo termine una documentazione più articolata ed approfondita: solo in presenza di perdite superiori a un terzo del capitale sociale, pertanto, il legislatore ritiene sussistente il presupposto per attivare il c.d. circuito d’allarme che impone la scansione di una serie preordinata di passaggi, tra cui una informativa pre-assembleare congruamente anticipata, oltre che completa, al fine di individuare con la giusta ponderazione i provvedimenti più opportuni da adottare come richiesto dagli artt. 2446, comma 1, e 2482-bis, comma 1, c.c.
Come in tutti i casi di riduzione del capitale per perdite, resta ovviamente fermo l’obbligo di procedere, prima della riduzione del capitale, alla copertura delle perdite mediante azzeramento di tutte le riserve iscritte in bilancio (che siano utilizzabili a tale scopo, ivi inclusa la riserva legale). Tuttavia, la natura facoltativa della riduzione del capitale per perdite inferiori a un terzo consente di affermare che possa essere legittimamente deliberata dall’assemblea anche per un ammontare inferiore alle perdite. Una simile decisione, rispetto alla copertura integrale delle perdite, mantiene un più elevato vincolo di distribuzione futura del patrimonio sociale e un residuo obbligo di accantonamento degli utili futuri a copertura delle perdite pregresse non coperte, e pertanto si pone in termini di maggior tutela per i creditori sociali.
Si deve invece ritenere che la facoltà di delegare all’organo amministrativo la riduzione del capitale sociale a copertura di perdite, prevista dall’art. 2446, comma 3, c.c. (come richiamato dall’art. 2482-bis, comma 6, c.c., per le s.r.l.) sia circoscritta alle ipotesi di riduzione obbligatoria del capitale sociale, quando cioè la perdita non risulta diminuita a meno di un terzo entro l’esercizio successivo, ai sensi dell’art. 2446, comma 2, c.c., e dell’art. 2482-bis, comma 4, c.c. La discrezionalità della riduzione facoltativa sia nell’an che nel quantum non consente di estendere la portata della norma oltre il caso espressamente regolato, in quanto attribuirebbe all’organo amministrativo una decisione che comporta una modificazione statutaria ed incide sull’obbligo di accantonamento degli utili futuri, laddove nell’ipotesi considerata dalla legge è proprio l’obbligatorietà della deliberazione a giustificare la deroga alla competenza assembleare.
NOTA BIBLIOGRAFICA
In dottrina e in giurisprudenza sono rimaste isolate le risalenti interpretazioni nel senso sia della inammissibilità della riduzione del capitale per perdite inferiori a un terzo, sia della applicabilità, in tal caso, della disciplina dettata dall’art. 2445 c.c.
In particolare, la tesi della inammissibilità della riduzione del capitale per perdite inferiori a un terzo è stata sostenuta, in dottrina, da A. Brunetti, Trattato del diritto delle società, II, Società per azioni, Giuffrè, 1948, 534 e, in giurisprudenza, da Trib. Napoli 20 febbraio 1991, in Riv. Not. 1991, II, 769 ss., con nota di C. Montagnani, Note in tema di riduzione del capitale, sulla base di un presunto principio di tassatività delle ipotesi di riduzione del capitale (reale solo per esuberanza, nominale solo in presenza di perdite eccedenti il terzo).
La tesi della applicabilità della disciplina prevista per il caso di riduzione c.d. “reale” del capitale è stata avallata da F. Fenghi, La riduzione del capitale. Premesse per una ricerca sulla funzione del capitale nelle società per azioni, Giuffrè, 1974, 69, facendo leva principalmente su tre argomentazioni: 1) se il capitale non venisse volontariamente ridotto, la società – ai sensi dell’art. 2433 c.c. – dovrebbe utilizzare i successivi utili per coprire le perdite e mantenere il capitale invariato: pertanto, la scelta di intaccare quest’ultimo e non gli utili futuri può essere pregiudizievole per i creditori, i quali sono dunque facoltizzati a presentare opposizione. A questo argomento R. Nobili – M.S. Spolidoro, La riduzione di capitale, in Trattato delle società per azioni, 6*, diretto da G.E. Colombo – G.B. Portale, UTET, 1991, 331-335 ribatte osservando che una siffatta interpretazione distorce il reale fondamento dell’opposizione (la protezione dei creditori da una diminuzione della garanzia fornita loro dal capitale), favorendo solo una futura ricostituzione del capitale stesso; 2) il capitale sociale è di un ammontare inferiore a quello esistente prima dell’operazione; 3) anche la riserva legale viene ridotta.
Una tesi tuzioristica è sostenuta da R. Nobili, Il nuovo diritto delle società, in Liber Amicorum Gian Franco Campobasso, diretto da P. Abbadessa – G.B. Portale, 3, UTET, 2007, 328-329, il quale definisce opinabile la teoria che richiama l’art. 2445 c.c., ma allo stesso tempo, per ragioni prudenziali, suggerisce di attendere il decorso dell’opposizione per dare esecuzione alla delibera di riduzione.
La giurisprudenza e la dottrina maggioritarie sostengono la facoltà della società di ridurre il capitale sociale per perdite inferiori a un terzo, in qualsiasi momento. In tal caso, si propende per lo più per l’applicabilità, quanto meno in parte, della disciplina degli artt. 2446 e 2482-bis c.c.
In giurisprudenza si vedano in particolare le seguenti sentenze: (i) Cass. Civ., sez. I, 13 gennaio 2006 n. 543, in Giur. comm., 2008, II, 963 ss., con nota di N. De Luca, Purgazione del bilancio dalle perdite e informazione preassembleare. Spunti per una riflessione intorno agli interessi protetti nelle riduzioni di capitale, e in Giust. civ., 2007, 1, 217, con nota di A. Caprioli, La disciplina della riduzione del capitale per perdite inferiori al terzo tra esigenze dei soci e interessi dei terzi, pronuncia che sottolinea che l’assenza di una normativa espressa sulla riduzione per perdite inferiori ad un terzo “ non legittima tuttavia l’affermazione di esistenza di un vuoto normativo […] Osta a ciò il rilievo che la fattispecie realizza un’operazione che per sua stessa natura è destinata ad incidere sull’assetto sociale, e quindi ad interferire nella sfera soggettiva dei soci, e segnatamente sul loro interesse alla distribuzione degli utili, i quali perciò devono essere destinatari d’informazione interna, e spiega altresì influenza anche sugli interessi dei terzi, segnatamente dei creditori sociali, le cui ragioni sono garantite proprio dal capitale sociale. Di qui l’esigenza, di evidente pregnanza, che essa si attui alla stregua di un modello astrattamente predefinito, che offra adeguata garanzia di protezione sia per l’una che per l’altra categoria di soggetti interessati, che, nel silenzio del legislatore, deve necessariamente mutuarsi dall’istituto, espressamente regolamentato dall’art. 2446 c.c.”; (ii) Cass. Civ., sez. I, 21 gennaio 2020 n. 1187, in Le Società, 2020, 4, 498, la quale osserva che la riduzione per perdite inferiori ad un terzo “non è contemplata specificamente né dall’art. 2445 c.c., che si riferisce alla diversa ipotesi di esuberanza del capitale, né dagli artt. 2446 e 2447, che prevedono la riduzione obbligatoria per perdite, ma deve ugualmente attuarsi secondo un modello predefinito che offra adeguate garanzie di protezione ad entrambe le predette categorie di soggetti; nel silenzio del legislatore, la sua disciplina dev’essere ricavata, ai sensi dell’art. 12 preleggi, comma 2, dai principi generali desumibili dall’art. 2446, con gli adattamenti resi necessari dalla discrezionalità dell’operazione, connessa alla minore entità della perdita”.
In dottrina si sono espressi nel medesimo senso R. Nobili – M.S. Spolidoro, La riduzione di capitale, in Trattato teorico-pratico delle operazioni sul capitale, I, a cura di B. Quatraro, S. D’Amora, R. Israel, G. Quatraro, Giuffrè, 2001, 684-686; D. Corrado, Società a responsabilità limitata, a cura di L.A. Bianchi, in Commentario alla riforma delle società, diretto da P. Marchetti, L.A. Bianchi, F. Ghezzi, M. Notari, Egea – Giuffrè, 2008, 1294; G. Giannelli, Le società a responsabilità limitata, a cura di C. Ibba – G. Marasà, II, Giuffrè, 2020, 1594; G.A.M. Trimarchi, Le riduzioni del capitale sociale, collana Notariato e nuovo diritto societario, diretta da G. Laurini, 8, Ipsoa, 2010, 329-333; U. Belviso, Le modificazioni dell’atto costitutivo nelle società per azioni, in Trattato di diritto privato, diretto da P. Rescigno, 17, Impresa e Lavoro, III, UTET, 1985, 133-134; R. Nobili – M.S. Spolidoro, La riduzione di capitale, in Trattato delle società per azioni, 6*, cit., 332-333; V. Donativi, Società, Ipsoa, 2019, 760-762; N. Abriani, La riduzione del capitale sociale nelle SpA e nelle Srl: profili applicativi, in Le operazioni sul capitale sociale: casi pratici e tecniche di redazione del verbale notarile – Atti del Convegno tenutosi a Milano il 29 marzo 2008, Quaderni della Fondazione Italiana del Notariato, Supplemento al n. 3/2008, il quale motiva la sua interpretazione come segue: “Mentre infatti l’operazione contemplata dagli artt. 2445 e 2482 c.c. determina una riduzione (perciò, reale) del capitale e produce la liberazione di una parte dell’attivo dal vincolo della copertura del capitale, viceversa, la modificazione statutaria in esame [riduzione facoltativa, ndr] presuppone che l’attivo sia divenuto insufficiente ad assicurare la copertura del capitale ed è diretta al riallineamento dei due valori, con una riduzione dunque solo nominale del capitale sociale. In quest’ultima ipotesi i soci decidono volontariamente di registrare nello statuto, per così dire, una «riduzione di capitale ormai perduto»”.
Sull’obbligo di predisporre la relazione degli amministratori e le osservazioni del collegio sindacale si pronunciano positivamente G. Santini, Società a responsabilità limitata. Art. 2472-2497-bis, in Commentario del Codice Civile Scialoja – Branca, a cura di F. Galgano, Zanichelli e Società Editrice del Foro Italiano, 1992, 325 e G. Frè, Società per azioni. Art. 2325-2461, in Commentario del Codice Civile, diretto da A. Scialoja – G. Branca, Zanichelli – Società Editrice del Foro Italiano, 1982, 824, con il primo che ritiene necessario anche il loro deposito, a differenza del secondo, il quale sostiene che i soci debbano essere informati, ma senza vincoli di forma. Considera obbligatoria la predisposizione di questi documenti Comitato Interregionale dei Consigli Regionali delle Tre Venezie, Commissione Società, massime H.G.25 e I.G.39 – (Presupposti formali della delibera di riduzione del capitale per perdite inferiori al terzo – 1° pubbl. 9/08), di identico tenore tra loro (rispettivamente in tema di s.p.a. e di s.r.l.). Contrario alla necessità della redazione di tale corredo documentale R. Nobili – M.S. Spolidoro, La riduzione di capitale, in Trattato delle società per azioni, 6*, cit., 334, che però non motiva l’asserzione (“non deve essere predisposta e depositata alcuna relazione degli amministratori o dei sindaci”).
Sulla necessità della sottoposizione all’assemblea di un bilancio o di una situazione patrimoniale infrannuale in dottrina R. Nobili – M.S. Spolidoro, La riduzione di capitale, in Trattato delle società per azioni, 6*, cit., 334, G. Laurini, La società a responsabilità limitata post-riforme. Nuovi modelli organizzativi e regole di funzionamento, CEDAM, 2014, 76 e Comitato Interregionale dei Consigli Regionali delle Tre Venezie, Commissione Società, massime H.G.25 e I.G.39, sopra citate; in giurisprudenza le già menzionate Cass. Civ., sez. I, 13 gennaio 2006 n. 543 e Cass. Civ., sez. I, 21 gennaio 2020 n. 1187: in quest’ultima si legge “che l’amministratore, mentre non è tenuto a convocare senza indugio l’assemblea, deve rendere edotti i soci dell’effettivo stato patrimoniale della società, mediante una situazione patrimoniale riferita ad una data prossima a quella dell’adunanza; tale situazione patrimoniale può essere surrogata anche dall’ultimo bilancio di esercizio, purchè sia rispettata quell’esigenza di continuità temporale, rispetto alla data di convocazione dell’assemblea, che garantisce un’idonea informazione dei soci, e non siano nel frattempo sopravvenuti fatti significativi”.
Sulla possibilità di coprire solo parzialmente le perdite inferiori a un terzo, sono favorevoli G.A.M. Trimarchi, Le riduzioni del capitale sociale, cit., 333, V. Donativi, Società, cit., 762, D. Corrado, Società a responsabilità limitata, cit., 1288 e D. Boggiali – A. Ruotolo, Quesito d’Impresa 309-2014/I del Consiglio Nazionale del Notariato, Copertura parziale delle perdite di esercizio inferiori al terzo del capitale sociale, in CNN Notizie 7 gennaio 2015.
Contrari invece S. Chimenti, Art. 2446, in Codice commentato delle s.p.a., II (artt. 2436-2510), diretto da G. Fauceglia e G. Schiano di Pepe, UTET, 2007, 1333 e Comitato Interregionale dei Consigli Regionali delle Tre Venezie, Commissione Società, massime H.G.25 e I.G.39, sopra citate (“Nel caso di riduzione del capitale per perdite inferiori ad un terzo è comunque necessario che sia garantito che il capitale sia ridotto in proporzione alle perdite accertate”).
Sulla facoltà di delegare al consiglio di amministrazione la competenza a ridurre il capitale sociale per perdite inferiori a un terzo si veda per la tesi positiva A. Caprara, La delegabilità della riduzione obbligatoria del capitale ex art. 2343, comma 4°, c.c., in Contratto e Impr., 2008, 6, 1314 ss., il quale propende per la tesi positiva, sulla base delle seguenti argomentazioni: tale fattispecie comporta solo una delega di competenze e non anche di funzioni; la competenza è concorrente con quella assembleare; gli ambiti di indelegabilità si sono ristretti nel tempo per una precisa volontà del legislatore in tal senso; per la tesi contraria G. Marasà, Modifiche del contratto sociale e modifiche dell’atto costitutivo, in Trattato delle società per azioni, 6*, diretto da G.E. Colombo – G.B. Portale, UTET, 1993, 73 ss. (che trae le sue conclusioni dalla “tendenziale rigidità della ripartizione delle competenze fra i diversi uffici”), G.D. Mosco, Le deleghe assembleari nella società per azioni, collana Quaderni di Giurisprudenza Commerciale, Giuffrè, 2000, 110 e R. Benassi, Commento all’art. 2446 c.c., in Il nuovo diritto delle società: commento sistematico al D.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 aggiornato al D.lgs. 28 dicembre 2004, n. 310, vol. II° (artt. 2397-2451), a cura di A. Maffei Alberti, CEDAM, 2005, 1667 ss. [Nota bibliografica a cura di Luca Arlati]