MASSIMA
Qualora agli strumenti finanziari partecipativi di cui all’art. 2346, comma 6, c.c., sia attribuito il diritto di nominare «un componente indipendente del consiglio di amministrazione o del consiglio di sorveglianza o (…) un sindaco», ai sensi dell’art. 2351, comma 5, c.c., lo statuto (o il regolamento allegato allo statuto) può liberamente disciplinare le modalità con cui tale diritto può essere esercitato, fermo restando il divieto di attribuire agli strumenti finanziari partecipativi il diritto di voto «nell’assemblea generale degli azionisti». È pertanto possibile, ad esempio, che la decisione o la deliberazione degli strumenti finanziari partecipativi dia luogo a una nomina immediatamente efficace oppure che abbia ad oggetto una nomina i cui effetti si producono contestualmente alla deliberazione assembleare di nomina dei restanti membri del nuovo organo.
Lo statuto (o il regolamento allegato allo statuto) può altresì attribuire agli strumenti finanziari partecipativi il diritto di nominare o di designare i componenti degli organi sociali che siano eventualmente cessati dalla carica, per qualsivoglia motivo, durante il mandato dell’organo di cui facevano parte.
In caso di emissione di diverse categorie di strumenti finanziari partecipativi, lo statuto (o il regolamento allegato allo statuto) può attribuire a ciascuna di esse il diritto di nominare o di designare «un componente indipendente del consiglio di amministrazione o del consiglio di sorveglianza o (…) un sindaco», fermo restando che il numero totale dei membri di spettanza degli strumenti finanziari partecipativi deve comunque essere inferiore alla metà dei componenti del rispettivo organo.
MOTIVAZIONE
L’art. 2351, comma 5, c.c. consente che agli strumenti finanziari «forniti di diritti patrimoniali o anche di diritti amministrativi» di cui all’art. 2346, comma 6, c.c. («s.f.p.») sia «riservata, secondo modalità stabilite dallo statuto, la nomina di un componente indipendente del consiglio di amministrazione o del consiglio di sorveglianza o di un sindaco». Circa le modalità con cui tale riserva possa attuarsi, null’altro si legge nel testo normativo se non un pieno rinvio all’autonomia statutaria: la quale può estrinsecarsi in plurime direzioni sia all’interno del documento statutario (statuto in senso formale), sia all’interno di apposito regolamento di disciplina degli s.f.p. approvato dall’assemblea straordinaria e allegato, quale parte integrante, al documento statutario (regolamento che appartiene pienamente allo statuto in senso sostanziale), con il quale viene depositato nel registro delle imprese. L’unico limite in proposito proviene dall’art. 2346, comma 6, c.c., che esclude radicalmente «il voto nell’assemblea generale degli azionisti».
Se, come pare corretto benché non pacifico, si interpreta tale esclusione come inammissibilità del cumulo indifferenziato delle presenze e dei voti relativi agli azionisti e ai titolari di s.f.p. nel calcolo dei quorum costitutivi e deliberativi delle assemblee degli azionisti, affinché restino distinte le decisioni imputabili agli azionisti rispetto a quelle imputabili ai portatori di s.f.p. anche quando l’effetto socialmente vincolante derivi dall’insieme delle due decisioni (il che a sua volta risponde alla logica di evitare che una deliberazione ordinariamente di competenza degli azionisti sia adottata per volontà dei titolari di s.f.p. senza che abbia riportato i consensi minimi degli azionisti richiesti dalla legge), si possono, dunque, ipotizzare le seguenti modalità:
(a) nomina diretta da parte dell’assemblea dei titolari di s.f.p., con quorum liberamente definiti, destinata ad assumere efficacia al momento dell’accettazione della carica, con sua diretta pubblicità nel registro delle imprese;
(b) designazione, da parte dell’assemblea dei titolari di s.f.p., di soggetto che l’assemblea degli azionisti nominerà nella carica, se del caso includendolo nella rosa dei componenti dell’organo insieme a quelli nominati dagli azionisti;
(c) nomina da parte dell’assemblea degli azionisti subordinata nell’efficacia all’approvazione da parte dell’assemblea dei titolari di s.f.p.;
(d) nomina diretta o designazione per la nomina o approvazione di nomina, come nei punti che precedono, da effettuarsi dai titolari di s.f.p. con modalità non collegiali di formazione della loro decisione, quali il consenso espresso per iscritto, la consultazione scritta, la volontà individuale preformata e trasmessa per corrispondenza alla società in occasione delle assemblee degli azionisti e/o la sua espressione in forma orale durante lo svolgimento di quelle assemblee o direttamente (ove al singolo titolare di s.f.p. sia a tal fine attribuito il diritto di intervento) o mediante un rappresentante comune.
Libera deve ritenersi anche la scelta del criterio di maggioranza (e di quale maggioranza) o di unanimità alla quale improntare le decisioni dei titolari di s.f.p. al riguardo, senza che rilevi la modalità collegiale o non collegiale della formazione di tali decisioni.
Può essere utile precisare che l’ammissibilità della formazione delle decisioni sulla nomina con modalità non collegiali non è ostacolata dalla inclusione della «riserva di nomina» nella disposizione (art. 2351 c.c.) dedicata al diritto di voto e nell’essere detta «riserva» contemplata quale particolare concretizzazione della possibilità che gli s.f.p. siano dotati del «diritto di voto su argomenti specificamente indicati». In primo luogo, il diritto di voto in senso stretto è perfettamente compatibile con una tecnica non assembleare di formazione delle decisioni quale quella referendaria della consultazione scritta, nonché con una tecnica non collegiale come il voto per corrispondenza in cui i voti espressi dai titolari di s.f.p. siano direttamente rilevati nell’assemblea degli azionisti senza una previa, per vero inutile, rilevazione dei risultati in un’apposita assemblea dei titolari di s.f.p. In secondo luogo, il diritto di voto può rappresentare, nella logica della disposizione dedicata principalmente al diritto di voto attribuito dalle azioni, lo strumento principale, ma non necessariamente l’unico, con cui consentire ai titolari di s.f.p. di partecipare alle decisioni sociali: ciò in quanto, mentre le azioni sono destinate alla circolazione e possono distribuirsi su un’ampia base sociale della quale l’assemblea rappresenta il luogo di confluenza per la formazione di decisioni talora di vitale importanza, gli s.f.p. possono non essere trasferibili e rimanere nelle mani di singoli o pochi titolari per le cui decisioni, che mai possono impedire o aggravare quelle «necessarie per la sopravvivenza» di cui all’art. 2369, comma 4, c.c., l’organizzazione di un’apposita assemblea potrebbe risultare fonte di costi e inefficienze, tant’è che non è prescritta da alcuna norma, né è ricavabile dal sistema, bensì è rimessa alla valutazione dei soci in sede di istituzione degli s.f.p.
Nella massima si preferisce, inoltre, chiarire che la clausola statutaria può esplicitamente estendere il diritto di nomina al caso in cui cessi dalla carica il soggetto nominato dai titolari di s.f.p.: il punto non è dubbio ed anzi rappresenta un opportuno completamento della disciplina in materia, al di là della deducibilità della riserva di nomina nella fattispecie pur nel silenzio della singola clausola, in considerazione del fatto che si discute se il potere di revoca del nominato dai titolari di s.f.p. spetti a questi ultimi, all’assemblea o a entrambi (v. la nota bibliografica in calce).
Per finire, si affronta la questione della portata della riserva di nomina di un componente delle cariche: se l’art. 2351 c.c. ponga in tema un tetto massimo assoluto ovvero un limite applicabile in relazione alle singole categorie di strumenti finanziari emessi. Nella prima ipotesi interpretativa, in caso di pluralità di categorie, la clausola deve prevedere e regolare la partecipazione di tutti i portatori di s.f.p. alla decisione. Nella seconda ipotesi interpretativa ciò non è strettamente necessario, poiché ogni categoria può vedersi riservata la nomina di un componente. Sebbene la lettera della norma sembri dare ragione ai sostenitori della prima tesi, la massima aderisce al più nutrito orientamento opposto per la ragione di carattere sostanziale e sistematico che l’emissione di diverse categorie di s.f.p. crea una pluralità di centri di interesse che potrebbero non essere adeguatamente rappresentati, sia nel confronto con gli azionisti sia nei rapporti interni tra titolari di s.f.p. eterogenei.
Per contro, la tesi che assolutizza il limite di un componente riservato finisce per parificare situazioni diverse a seconda del numero di cui sono composti gli organi sociali: ad es. in un consiglio di amministrazione composto di sette o di due membri finirebbe per consentire sempre un solo amministratore, anche se nel primo caso la sua presenza sarebbe pressoché irrilevante sul piano decisorio, mentre nel secondo caso sarebbe determinante, nessuna decisione potendo prendersi senza il suo consenso. Sembra allora preferibile l’interpretazione che, nel valorizzare i principi di fondo ricavabili dal sistema delle società per azioni, da un lato afferma l’esigenza che agli azionisti sia riservata la nomina della maggioranza degli organi di amministrazione e controllo e dall’altro ammette che in presenza di più categorie di s.f.p. sia possibile riservare a costoro una minoranza di componenti, ciascuno espressione di un diverso gruppo di interessi.
NOTA BIBLIOGRAFICA
1. – La dottrina si è interrogata sulle modalità di elezione dei componenti degli organi sociali, domandandosi, in particolare, se sia ammissibile una previsione statutaria che renda la predetta investitura immediatamente efficace. In riferimento alle procedure di assunzione della nomina possono individuarsi varie opinioni.
Per una prima tesi la nomina avrebbe natura extra-assembleare e, quindi, non potrebbe avvenire nell’assemblea degli azionisti (in tal senso M. LAMANDINI, Autonomia negoziale e vincoli di sistema nell’emissione di strumenti finanziari da parte delle società per azioni e delle cooperative per azioni, in Banca, borsa, tit. cred., 2003, I, 533, per il quale «i titoli partecipativi … non possono avere il diritto di voto in assemblea generale dei soci»). Tuttavia, a ben vedere, tra gli autori che aderiscono a questa impostazione si distingue: (a) chi sostiene che la nomina avvenga in un’assemblea separata (B. LIBONATI, Gli strumenti finanziari partecipativi, in Le società per azioni oggi. Tradizione, attualità e prospettive, a cura di P. Balzarini – G. Carcano – M. Ventoruzzo, II, Giuffrè, 2007, 601, ove si legge «sembra ovvio che all’uopo occorra la riunione di un’assemblea separata degli strumenti finanziari partecipativi») o speciale (M. NOTARI – A. GIANNELLI, Art. 2346, sesto comma, c.c., in Commentario alla riforma delle società, diretto da P. Marchetti – L.A. Bianchi – F. Ghezzi – M. Notari, Egea-Giuffrè, 2008, 101); e (b) chi afferma come la modalità, sempre diversa dalla partecipazione all’assemblea generale, vada definita dallo statuto sociale (così M. CIAN, Strumenti finanziari partecipativi e poteri di voice, Giuffrè, 2006, 128, in cui l’a. osserva come i possessori di s.f.p. possano partecipare alla discussione dell’assemblea generale, ma «l’elezione … deve svolgersi al di fuori» della stessa, e M. MIOLA, I conferimenti in natura, in Trattato delle società per azioni, diretto da G.E. Colombo e G.B. Portale, 1***, Utet, 2005, 285, nt. 655).
Da questa impostazione si allontana U. TOMBARI, Strumenti finanziari «partecipativi» (art. 2346, ultimo comma, c.c.) e diritti amministrativi della società per azioni, in Riv. dir. comm., 2006, I, 158, per il quale la nomina è un atto dell’assemblea generale degli azionisti, «la quale sarà tuttavia statutariamente obbligata a recepire le indicazioni provenienti dai soggetti che detengono gli strumenti partecipativi». Accolgono una ancora diversa interpretazione: A. LOLLI, Artt. 2346-2354, in Il nuovo diritto delle società, a cura di A. Maffei Alberti, Cedam, 2005, I, 207, secondo cui «deve essere lo statuto a stabilire le modalità con le quali i portatori di questi strumenti esercitano il voto, se nell’assemblea generale o nella loro assemblea speciale, o ancora mediante la raccolta di documenti contenenti la espressione del voto» ed in «presenza di ambiguità statutarie sul punto (…) la soluzione da preferirsi» è «quella di configurare il diritto di voto attribuito quale diritto di categoria ex art. 2376 c.c.»; A. PISANI MASSAMORMILE, Azioni ed altri strumenti finanziari partecipativi, in Riv. soc., 2003, 1299, che nega «si tratti di diritto esercitabile, se concesso, necessariamente fuori dall’assemblea, posto che la partecipazione ad essa consentirebbe qualcosa in più che una mera designazione e, inoltre, il controllo diretto delle operazioni «elettorali»»; e il COMITATO INTERREGIONALE DEI CONSIGLI NOTARILI DELLE TRE VENEZIE, Massima H.J.1. Esercizio di voto degli strumenti finanziari, ove si asserisce che la norma dell’art. 2346, co. 6, c.c. «deve essere interpretata come divieto di abbinare agli strumenti finanziari il diritto di voto “generale” e non anche come divieto di esercitare nell’assemblea generale degli azionisti il diritto di voto “speciale” eventualmente attribuito ai sensi del comma 5 dell’art. 2351 c.c.», ma si ritiene «salva la possibilità di prevedere statutariamente che gli strumenti finanziari aventi diritto di voto su argomenti di competenza dell’assemblea dei soci esercitino detto diritto in un’assemblea speciale».
Dunque, secondo molti, il diritto degli s.f.p. può configurarsi sia in forma di nomina diretta, dotata di efficacia immediata, sia quale mera designazione, che l’assemblea sarebbe obbligata a recepire. Nel silenzio dello statuto sociale sul punto, è opinione di alcuni autori che la nomina abbia un’efficacia diretta: così M. CIAN, op. cit., 128 e M. LAMANDINI, op. cit., 533; mentre U. TOMBARI, op. cit., 155, sostiene che la nomina spetti all’assemblea, pur essendo la medesima vincolata alla preventiva designazione degli s.f.p. Aderiscono alla tesi dell’ammissibilità di una clausola statutaria che attribuisca immediata efficacia alla nomina B. LIBONATI, op. cit., 601, che ritiene preferibile la «nomina diretta da parte dell’assemblea speciale», e M. NOTARI – A. GIANNELLI, op. cit., 102, che indicano come «sia ammissibile tanto una previsione statutaria che renda immediatamente efficace la nomina disposta dalla deliberazione (o comunque dalla decisione) dei possessori degli strumenti finanziari partecipativi, senza che all’uopo sia necessaria la deliberazione dell’assemblea dei soci, quanto un procedimento di nomina, all’uopo disciplinato dallo statuto, in forza del quale la designazione da parte dell’assemblea degli strumenti finanziari partecipativi costituisce un elemento di una fattispecie a formazione progressiva, che si conclude con la deliberazione dell’assemblea ordinaria degli azionisti».
2. – Il tema della revoca e della sostituzione dei componenti degli organi sociali nominati da parte degli s.f.p., in assenza di un’espressa previsione statutaria, è stato oggetto di un vivace dibattito; paiono delinearsi, infatti, diverse impostazioni.
Una prima tesi riconosce che la revoca e la sostituzione del membro dell’organo sociale in caso di cessazione dalla carica possano disporsi solo da parte dell’assemblea dei soci: in tal senso v. M. NOTARI – A. GIANNELLI, op. cit., 104, per i quali «la revoca può essere disposta (solo) dall’assemblea dei soci secondo la disciplina applicabile al tipo di organo di cui si discute e che in caso di sostituzione del consigliere indipendente, qualora egli sia cessato dalla carica anzitempo, per qualsiasi motivo, il diritto di nomina spetti all’assemblea dei soci e non agli strumenti finanziari partecipativi»; e, implicitamente, A. PISANI MASSAMORMILE, op. cit., 1299, per il quale, ai membri nominati ai sensi dell’art. 2351, co. 5, c.c., «si applicano le «medesime norme» (in tema di competenza, cause di ineleggibilità o decadenza, eventuali requisiti di onorabilità e professionalità, funzionamento, responsabilità) «previste per altri componenti dell’organo cui partecipano»». A. LOLLI, op. cit., 208, sostiene che la competenza alla revoca si porrebbe in capo all’assemblea dei soci, ma tale deliberazione sarebbe subordinata all’autorizzazione degli s.f.p., ai sensi dell’art. 2376 c.c.: per l’a. la decisione di revocare i componenti degli organi sociali nominati ai sensi dell’art. 2351, co. 5, c.c. non può essere deliberata solo dall’assemblea speciale, poiché, da un lato, la norma in parola non ripete la previsione dell’art. 2449, co. 2, c.c. e, dall’altro, «la necessità di ottenere il consenso dell’assemblea speciale» garantisce «una tutela piena della posizione dei titolari di strumenti finanziari senza legare esclusivamente al loro consenso la modifica dell’organo amministrativo, mentre la concessione ad essi di un diritto di revoca in via esclusiva legherebbe eccessivamente agli interessi dei titolari degli strumenti finanziari la posizione di quelli che dovrebbero essere membri indipendenti del consiglio di amministrazione e dell’organo di controllo, e intaccherebbe inoltre la unitarietà degli organi sociali».
Si pronunciano sul solo tema della revoca A. BUSANI – M. SAGLIOCCA, Gli strumenti finanziari partecipativi nelle operazioni di restructuring, in Società, 2011, 932, ove si legge: «sembra preferibile, per il conforto che in tal senso offre il dato normativo («alle persone così nominate si applicano le medesime norme previste per gli altri componenti dell’organo cui partecipano», ove, dunque, vi è una previsione di applicazione, al nominato dagli s.f.p., delle medesime norme applicabili agli altri componenti dell’organo cui egli appartiene) che il potere di revoca dell’amministratore o del consigliere di sorveglianza o del sindaco designato dai titolari degli s.f.p. spetti all’assemblea dei soci e non ai titolari degli s.f.p.»; conf. M. SAGLIOCCA, Strumenti finanziari partecipativi e potere di partecipazione attiva al governo delle società per azioni, in RDS, 2013, 340. Accoglie parzialmente la predetta lettura F. Magliulo, Le categorie di azioni e strumenti finanziari nella nuova s.p.a., Ipsoa, 2004, 56, che afferma come la soluzione per la quale il potere di revoca spetterebbe all’assemblea dei soci «appare obbligata anche perché non è prevista nella specie alcuna deroga al potere di revoca che naturalmente spetta all’assemblea», ma «sembra chiaro che il nuovo membro da sostituire a quello revocato va pur sempre nominato dai titolari di strumenti finanziari partecipativi».
Per un’altra teoria, alla fattispecie in esame sarebbe applicabile, in via analogica, la disciplina di cui all’art. 2449, co. 2, c.c.: v. U. TOMBARI, op. cit., 159, il quale ricorda come occorra «interrogarsi in merito all’applicazione al caso di specie del principio dettato per le società con partecipazione dello Stato o di enti pubblici (…), dovendosi stabilire se – come sembrerebbe – anche gli amministratori nominati ai sensi dell’art. 2351 c.c. possano essere revocati soltanto dai soggetti che li hanno nominati», nel qual caso sarebbero gli stessi s.f.p. a revocare i membri da loro nominati. Diversamente, si è sostenuto che la revoca con giusta causa spetterebbe all’assemblea dei soci, mentre quella in assenza del predetto carattere sarebbe di competenza degli s.f.p.: così M. Cian, op. cit., 140, il quale osserva che «è il potere di revoca senza giusta causa che viene riservato ai possessori degli strumenti finanziari partecipativi, mentre, allorquando una tale causa sussista, torna ad assumere rilievo la tripolarità della relazione di cui il consigliere indipendente è perno, giacché la circostanza giustificatrice (…) incrina direttamente il rapporto con la società, e riemerge l’interesse degli azionisti a presidiarne le esigenze e ad assicurarne l’adeguata conduzione». Inoltre, è stato ritenuto che la sostituzione dei membri degli organi nominati dagli s.f.p. spetti agli stessi s.f.p.: v. G.D. MOSCO, Art. 2385, in Società di capitali. Commentario, a cura di G. Niccolini – A. Stagno d’Alcontres, Jovene, 2004, II, 616, nt. 5, e A. VALZER, Gli strumenti finanziari partecipativi e non partecipativi nelle società per azioni, Giappichelli, 2012, 291, nt. 310, il quale afferma, appunto, che «nulla vieta che i titolari del diritto ex art. 2351, ult. co., c.c. possano esercitare il loro diritto, procedendo alla nomina di un nuovo amministratore indipendente».
L’ammissibilità di una deroga convenzionale alla predetta disciplina è riconosciuta, con le differenze di cui infra, da M. CIAN, op. cit., 142, secondo il quale «questo quadro normativo (…) può essere senz’altro alterato dallo statuto, almeno nel senso dell’attribuzione ai soci di un potere concorrente di revoca anche senza giusta causa, ma, probabilmente, ed in special modo nel caso in cui difetti un rapporto giuridico durevole con il gruppo designante, anche nel senso del conferimento a costoro di un potere esclusivo di rimozione, giacché non pare che il disallineamento del diritto di nomina e di revoca rappresenterebbe di per sé una scelta contrastante con il principio di non contraddizione, mentre a presidio dell’effettività del primo, a tutela dei portatori degli ibridi, sussisterebbe sempre l’obbligo, per la società ed i suoi organi, di esercitare il potere di revoca secondo correttezza e buona fede, canoni che informano nel suo complesso e in ogni sua fase lo svolgimento del rapporto partecipativo». Anche per M. NOTARI – A. GIANNELLI, op. cit., 105, sarebbe «possibile derogare convenzionalmente a tale disposizione, nel senso di prevedere (i) che la revoca del consigliere indipendente sia consentita solo ai possessori degli strumenti che lo hanno nominato, oppure anche all’assemblea degli azionisti solo qualora sussista giusta causa, oppure solo all’assemblea degli azionisti ma con la necessaria approvazione degli strumenti finanziari partecipativi cui spetta il diritto di nomina e altresì (ii) che, in caso di cessazione del solo amministratore di nomina extra-assembleare, siano gli stessi strumenti finanziari partecipativi ad avere (nuovamente) il diritto di nominare il suo sostituto».
3. – Relativamente al numero di membri dell’organo sociale nominabili in presenza di diverse categorie di s.f.p. che attribuiscono tale diritto, paiono distinguersi due orientamenti.
Per i sostenitori di una tesi che potrebbe definirsi restrittiva, i titolari di più categorie di s.f.p. avrebbero la facoltà di nominare complessivamente un solo membro del c.d.a., del consiglio di sorveglianza o del collegio sindacale: in tal senso v. M. CIAN, op. cit., 118, ove si legge che «sembra rispondere maggiormente al disegno legislativo tralucente dalla disciplina degli artt. 2346 e 2351 la soluzione (…) che circoscrive in ogni caso all’unità il numero degli esponenti (…) dell’organo gestorio (o di controllo)»; B. LIBONATI, op. cit., 601; Id., I «nuovi» strumenti finanziari partecipativi, in Riv. dir. comm., 2007, I, 17; A. VALZER, sub 2346, co. 6, in Le società per azioni. Codice civile e norme complementari, diretto da P. Abbadessa – G.B. Portale, Giuffrè, 2016, I, 503, che specifica come «il capitale finanziario è e resta uno, sebbene lo statuto possa articolarlo in diverse categorie di strumenti finanziari: ed è a quell’eventuale capitale finanziario che lo statuto può riconoscere il diritto di nomina di un componente dell’organo gestorio o di controllo»; v. anche G. VISENTINI, Principi di diritto commerciale, Cedam, 2006, 272.
Altri autori, invece, accolgono una tesi estensiva, per la quale lo statuto sociale potrebbe attribuire a ciascuna categoria di s.f.p. il diritto di nominare un membro dei predetti organi: così A. ABU AWWAD, La revoca «riservata» degli amministratori nelle società di capitali, in Amministrazione e controllo nel diritto delle società, Giappichelli, 2010, 137, nt. 30; F. INNOCENTI, Gli strumenti finanziari nella società per azioni, Margiacchi-Galeno, 2010, 183; M. LAMANDINI, op. cit., 536; S. LUONI, Obbligazioni, Strumenti finanziari, Titoli di debito nelle società di capitali, Zanichelli, 2010, 366, nt. 118, per il quale «la nomina di un componente indipendente dell’organo amministrativo o di controllo da parte dei possessori degli strumenti finanziari è attribuita dallo statuto a ciascuna categoria ed è frutto (…) della decisione autonoma e separata dell’assemblea di ciascuna categoria»; M.L. MONTAGNANI, Art. 2383, in Commentario alla riforma delle società, diretto da P. Marchetti – L.A. Bianchi – F. Ghezzi – M. Notari, Egea-Giuffrè, 2005, 101; M. NOTARI, Problemi aperti in tema di struttura finanziaria di s.p.a., in Società, 2005, 7; M. NOTARI – A. GIANNELLI, op. cit., 103; E. RIMINI, Le operazioni in mezzanine financing, in Le acquisizioni societarie, diretto da M. Irrera, Zanichelli, 2011, 607, nt. 103.
Non pare invece dubitarsi che, in ogni caso, la maggioranza assoluta dei componenti debba essere nominata dagli azionisti: così A. ABU AWWAD, op. cit., 137, nt. 30, che definisce tale esigenza «un limite esterno»; M. CIAN, Investitori non azionisti e diritti amministrativi nella «nuova» s.p.a., in Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum G.F. Campobasso, diretto da P. Abbadessa – G.B. Portale, I, Utet, 2006, 748; M. LAMANDINI, op. cit., 536; M.L. MONTAGNANI, op. cit., 148; M. NOTARI – A. GIANNELLI, op. cit., 103, per i quali «si può ravvisare un limite massimo nella metà meno uno del numero complessivo dei componenti dell’organo, argomentando sulla base» del divieto che, ai sensi dell’art. 2351, co. 2, c.c. esprime «la volontà legislativa di preservare un certo rapporto tra proprietà e controllo»; A. PISANI MASSAMORMILE, op. cit., 1299; e v. anche l’OSSERVATORIO SUO DIRITTO SOCIETARIO DEL CONSIGLIO NOTARILE DEI DISTRETTI RIUNITI DI FIRENZE, PISTOIA E PRATO, Massima n. 15. Categorie di azioni e nomina degli amministratori, secondo cui «non potrà ritenersi legittimo uno schema statutario che attribuisca a non soci il potere di nomina della metà o addirittura della maggioranza degli amministratori». [Nota bibliografica a cura di R. ANTONINI]