Massima
Sono legittime le clausole statutarie di s.r.l. che – oltre a richiamare le cause di ineleggibilità e decadenza delle s.p.a. (da ritenersi applicabili in via analogica anche alla s.r.l.) – introducano ulteriori cause di ineleggibilità e decadenza ovvero subordinino l’assunzione della carica di amministratore alla presenza di determinati requisiti o all’assenza di determinate cause ostative.
MOTIVAZIONE
Gli articoli 2382 e 2387 c.c. regolano, nella disciplina della s.p.a., l’ineleggibilità e la decadenza degli amministratori, nonché la previsione statutaria di clausole che subordinano l’assunzione della carica di amministratore alla presenza di determinati requisiti o all’assenza di determinate cause ostative. Nella disciplina delle s.r.l. successiva alla riforma del 2003, tali norme, a differenza del previgente disposto dell’art. 2487 c.c., non sono espressamente richiamate.
A dispetto del mancato rinvio, la massima afferma anzitutto che non è precluso a clausole statutarie di s.r.l. richiamare, ai fini della relativa applicazione, le cause che nella disciplina della s.p.a. regolano l’ineleggibilità e la decadenza degli amministratori. Del resto, tali cause, alle quali sono tipicamente sottesi interessi non finalizzati alla esclusiva tutela dei soci ma anche a quella di terzi, e in particolare dei creditori sociali, sono da considerarsi applicabili analogicamente anche alla s.r.l., tipo capitalistico nel quale – come evidenziato in letteratura – sono ravvisabili esigenze del tutto identiche, su tale specifico profilo, rispetto a quelle della s.p.a. Per questo motivo, si deve ritenere assai limitata la possibilità che, all’opposto, una clausola statutaria vi deroghi espressamente, e ciò negli stessi angusti spazi in cui una simile possibilità è da ritenersi possibile nelle s.p.a.
Più in generale, poi, l’assenza di una norma specifica che nella disciplina della s.r.l. richiami, oltre all’art. 2382 c.c., l’art. 2387 c.c., non preclude che, anche in tale tipo sociale, come nella s.p.a., possano trovare spazio clausole statutarie che introducono ulteriori cause di ineleggibilità e decadenza ovvero che subordinano l’assunzione della carica di amministratore alla presenza di determinati requisiti o all’assenza di determinate cause ostative.
La legittimità di tali clausole, infatti, da una parte, trova una specifica spia normativa nell’inciso che nell’art. 2475 c.c. fa “salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo”, formulazione letterale quest’ultima del tutto coincidente con quella dell’art. 2487 c.c. nel testo precedente la riforma; e, dall’altra parte, trova fondamento giuridico nella nota ampiezza riconosciuta all’autonomia statutaria in materia di strutture organizzative da parte della relativa legge delega (art. 3, comma 1, lett. c).
Nota bibliografica
Sulla possibilità di subordinare nella s.r.l., come nella s.p.a. ex art. 2387 c.c., l’assunzione della carica di amministratore alla presenza di determinati requisiti o all’assenza di determinate cause ostative, si veda anzitutto G. Zanarone, Della società a responsabilità limitata, in Il codice civile. Commentario, fondato da P. Schlesinger e diretto da F.D. Busnelli, Tomo II, Milano, 2010, p. 946, per il quale tale possibilità è “a maggior ragione incontestabile nella s.r.l. data l’ampiezza dell’autonomia statutaria voluta dalla legge delega in materia di strutture organizzative”. Nel medesimo senso si vedano anche N. Abriani, Decisioni dei soci. Amministrazione e controlli, in Aa.Vv., Diritto delle società. Manuale breve, Milano, 2012, p. 318, secondo il quale è possibile rimettere “all’atto costitutivo la definizione di condizioni ostative all’assunzione della carica amministrativa (destinate ad affiancarsi a quelle desumibili dalle regole generali in tema di capacità d’agire e da ulteriori disposizioni di legge) o di eventuali requisiti positivi (ad es., professionalità)”; V. Allegri, L’amministrazione della società a responsabilità limitata dopo la recente riforma, in La nuova disciplina della società a responsabilità limitata, a cura di V. Santoro, Torino, 2003, p. 155, per il quale, tenuto conto dell’inciso “salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo” di cui all’art. 2475 c.c., identico a quello dell’art. 2487 nel testo precedente la riforma, “non sembrerebbe illegittima la previsione di requisiti personali per la nomina: come requisiti di professionalità, sia per soci che non soci (si pensi a società operanti in settori tecnologicamente avanzati o nel campo della ricerca); ovvero, la previsione di speciali cause di incompatibilità, o altro”; O. Cagnasso, La società a responsabilità limitata, in Trattato di diritto commerciale, diretto da G. Cottino, V, Torino, 2007, p. 226, secondo il quale “l’atto costitutivo può ovviamente prevedere ulteriori requisiti di onorabilità, professionalità ed indipendenza, così come stabilito dall’art. 2387 c.c. per le società per azioni”; G. Carcano, Sub art. 2475, in Società a responsabilità limitata. Artt. 2462 – 2483 c.c., a cura di L.A. Bianchi, in Commentario alla riforma delle società , diretto da P. Marchetti, L.A. Bianchi, F. Ghezzi e M. Notari, p. 567, per il quale “è pienamente legittima una clausola statutaria che contenga requisiti specifici di professionalità, onorabilità e indipendenza”; C. Caccavale, L’amministrazione, la rappresentanza e i controlli, in F. Tassinari, C. Caccavale, M. Maltoni, F. Magliulo, La riforma della società a responsabilità limitata, Assago, 2007, p. 500 ss., per il quale “devono ritenersi pienamente legittime le clausole che subordinano l’assunzione della carica a ulteriori requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza”; G. Laurini, La società a responsabilità limitata post-riforme. Nuovi modelli organizzativi e regole di funzionamento, Lavis, 2014, p. 182, per il quale “è possibile che l’atto costitutivo richieda particolari requisiti di meritevolezza”.
Quanto all’ulteriore questione dell’ineleggibilità e decadenza degli amministratori di s.r.l., il dibattito in letteratura si concentra soprattutto sull’applicabilità alla s.r.l. delle cause legali previste per la s.p.a. dall’art. 2382 c.c., norma non richiamata dall’art. 2475 c.c., a differenza dell’art. 2487 c.c. nel testo precedente la riforma.
Soprattutto in considerazione di ciò, un orientamento interpretativo conclude a quest’ultimo riguardo negativamente, fatta salvo il caso in cui sussista una specifica previsione dell’atto costitutivo. In particolare, in questo senso, si vedano R. Rordorf, I sistemi di amministrazione e di controllo nella nuova società a responsabilità limitata, in Società , 2003, p. 667, per il quale “quanto ai requisiti soggettivi degli amministratori, la libertà sarà massima. Infatti, non essendo più richiamate le disposizioni dell’art. 2382, in tema di ineleggibilità e decadenza degli amministratori di s.p.a., nessuna specifica normativa risulta in proposito applicabile alla società a responsabilità limitata, salvo che a ciò provveda l’atto costitutivo della singola società”; A. Ferrucci – C. Ferrentino, Società di capitali, società cooperative e mutue assicuratrici, Milano, 2012, p. 1562, per i quali “la disciplina degli amministratori non prevede cause di ineleggibilità o di decadenza, né si possono applicare per analogia le regole dettate per la società per azioni”. Al riguardo, si veda anche G.F. Campobasso, Diritto commerciale. 2. Diritto delle società , a cura di M. Campobasso, VIII ed., Torino, 2012, p. 588, per il quale “non sono previste cause di incompatibilità o ineleggibilità, e sarà pertanto l’atto costitutivo eventualmente a precisarle, sebbene vada sicuramente mantenuta ferma quanto meno l’ineleggibilità degli incapaci”, mentre secondo l’A. ciò “non è necessariamente vero per l’ineleggibilità prevista a carico del fallito” (così alla nt. 59).
Viceversa, un diverso orientamento è propenso a ritenere applicabili anche alla s.r.l., pur in assenza di una specifica norma contenuta nel relativo statuto sociale, le cause di ineleggibilità e decadenza previste dalla disciplina della s.p.a.. In tal senso, si veda anzitutto G. Zanarone, Della società a responsabilità limitata, in Il codice civile. Commentario, fondato da P. Schlesinger e diretto da F.D. Busnelli, Tomo II, Milano, 2010, p. 946, il quale (alla nt. 46) precisa anzitutto che “nessun dubbio sussiste, ovviamente, per quelle cause che il legislatore riferisce espressamente anche alla s.r.l.: si pensi ad es. ai requisiti di professionalità e di onorabilità che il d.m. 30 dicembre 1998, n. 56, in attuazione dell’art. 109 t.u.b., prevede a carico dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso gli intermediari finanziari iscritti nell’apposito elenco di cui all’art. 106, comma 1°, intermediari i quali, in base al comma 3° del medesimo articolo, possono costituirsi in forma di s.r.l.; si pensi, ancora, ai requisiti di professionalità e di onorabilità che gli amministratori devono possedere ai sensi, rispettivamente, degli artt. 6, comma 1°, lett. b, e 8, comma 2°, d.lgs. 27 gennaio 1992, n. 88 (v., ora, art. 2, comma 4°, d.lgs. n. 39/2010), perché la loro società (anche costituita in forma di s.r.l.) possa essere iscritta nel registro dei revisori contabili”. Secondo l’A., poi, più in generale, “l’applicazione analogica [dell’art. 2382] si impon[e] per identità di ratio, soprattutto qualora la si ritenga finalizzata alla tutela non solamente dei soci (nel qual caso potrebbero bastare, forse, le cause di scioglimento del mandato di cui agli artt. 1728 c.c. e 78 l. fall.) ma anche dei terzi e dei creditori in particolare, in quanto la salvaguardia dell’unico patrimonio su cui anche nella s.r.l. questi ultimi possono contare (quello sociale) richiede anche nel nostro tipo societario l’assenza di cause idonee ad incidere negativamente sulla capacità e l’onorabilità di chi a tale salvaguardia deve sovrintendere”. Tra queste ultime, l’A. ritiene “compresa la condanna ad una pena che importa l’interdizione dai pubblici uffici o l’incapacità ad esercitare uffici direttivi, in quanto il rischio di incorrere nel divieto di applicazione analogica delle leggi penali di cui all’art. 14 disp. prel. è scongiurato dal fatto che l’art. 2382, disponendo per quella causa l’ineleggibilità alla carica amministrativa, non commina un’ulteriore pena accessoria, ma si limita a predisporre uno strumento di tutela della società e dei terzi”.
Nel medesimo senso, si vedano anche O. Cagnasso, La società a responsabilità limitata, in Trattato di diritto commerciale, diretto da G. Cottino, V, Torino, 2007, p. 226, secondo il quale “le cause di ineleggibilità e di decadenza di carattere comune previste dalla disciplina della società per azioni valgono anche con riferimento alla società a responsabilità limitata”; C. Caccavale, L’amministrazione, la rappresentanza e i controlli, in F. Tassinari, C. Caccavale, M. Maltoni, F. Magliulo, La riforma della società a responsabilità limitata, Assago, 2007, p. 500 ss., per il quale “anche nella s.r.l. vigono le medesime cause di ineleggibilità e decadenza proprie della s.p.a.”.; A. Picciau, Appunti in tema di amministrazione e rappresentanza, in La nuova s.r.l. Prime letture e proposte interpretative, a cura di F. Farina, C. Ibba, G. Ragugno e A. Serra, Milano, 2004, p. 231, per il quale l’art. 2382 c.c. “esprime una regola di tutela dei terzi a valenza generale”; G. Laurini, La società a responsabilità limitata post-riforme. Nuovi modelli organizzativi e regole di funzionamento, Lavis, 2014, p. 182, per il quale “le cause di ineleggibilità possono desumersi dall’interpretazione analogica delle norme dettate in materia di s.p.a. relativamente all’ interdetto, all’inabilitato, al fallito, a chi è stato condannato ad una pena che importa la interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o la incapacità ad esercitare uffici direttivi”.
Sulla derogabilità, da parte dell’atto costitutivo, delle cause legali di ineleggibilità, si veda in particolare C. Caccavale, L’amministrazione, la rappresentanza e i controlli, in F. Tassinari, C. Caccavale, M. Maltoni, F. Magliulo, La riforma della società a responsabilità limitata, Assago, 2007, p. 362, per il quale, dovendosi ritenere nella s.r.l. le cause di ineleggibilità “nell’interesse della società”, esse potrebbero essere escluse “quando la società non le abbia in concreto accettate ovvero, stante la competenza dell’atto costitutivo a determinare la concreta configurazione della funzione amministrativa, quando non siano state ritenute irrilevanti per disposizione dei soci espressa nell’atto costitutivo medesimo (che, invece, non potrebbe legittimamente derogare alla ineleggibilità dovuta a condanne penali )”. Viceversa, nel senso che le citate cause siano di ordine pubblico, e come tali incomprimibili dalla volontà dei soci, si veda, con riferimento alla s.p.a., già prima della riforma, F. Ferrara jr. – F. Corsi, Gli imprenditori e le società , XII ed., Milano, 2001, p. 520, nt. 7; successivamente, sempre con riferimento alla s.p.a., F. Console, Sub art. 2382, in La riforma delle società , a cura di M. Sandulli e V. Santoro, vol. 2/I, Torino, 2003, p. 414. Con specifico riferimento alla s.r.l., si veda nuovamente G. Zanarone, Della società a responsabilità limitata, in Il codice civile. Commentario, fondato da P. Schlesinger e diretto da F.D. Busnelli, Tomo II, Milano, 2010, p. 946, nt. 47, secondo il quale “per conseguenza, la decisione dei soci che nominasse come amministratore un fallito o un interdetto dovrebbe considerarsi nulla per illiceità dell’oggetto , mentre dovrebbe ritenersi semplicemente annullabile, per non essere stata presa in conformità dell’atto costitutivo, quella che nominasse un amministratore privo dei requisiti statutariamente previsti ai sensi dell’art. 2387”.[ Nota bibliografica a cura di Alberto Piantelli ]