Orientamento n. 1 del 12 maggio 2009
INTERVENTO IN ATTO DI STRANIERI EXTRACOMUNITARI E
MENZIONE DEL PERMESSO DI SOGGIORNO DOPO IL
DECRETO-LEGGE 23 MAGGIO 2008, N. 92, RECANTE "MISURE
URGENTI IN MATERIA DI SICUREZZA
PUBBLICA"
La menzione in atto, a cura del notaio, delle dichiarazioni
delle parti in ordine agli estremi, alla vigenza e alle
caratteristiche del permesso di soggiorno del cittadino straniero
extracomunitario, ovvero di altro titolo che legittima la presenza
sul territorio,sebbene non è prescritta, riveste carattere di
notevole opportunità:
1) nelle ipotesi in cui la stessa capacità giuridica dello
straniero dipende dalla sua regolare permanenza nel territorio
nazionale;
2) nei casi in cui il negozio posto in essere rientri, almeno
astrattamente, in ragione della cittadinanza di uno dei soggetti e
della regolarità/irregolarità della sua permanenza sul
territorionazionale, nella la fattispecie penalmente rilevante di
cui al comma 5 bis dell'art. 12 del d. lgs. 286
del 1998, introdotto dall' art. 5 del decreto-legge
23 maggio 2008, n. 92, convertito in legge, con modificazioni,
dalla Legge 24 luglio 2008 n. 125.
L'omissione sistematica e ingiustificata di detta menzione nei
casi sopra indicati, costituisce violazione dell'art. 50 del Codice
Deontologico nella parte in cui prescrive che per soddisfare
esigenze di chiarezza e di completezza il notaio deve curare che,
dal testo dell'atto, normalmente risulti la completa qualificazione
giuridica della fattispecie.
***
La regola, in relazione al primo caso considerato, recepisce
convinzioni ben consolidate. Com'è noto, a norma dell'articolo 16
delle "Disposizioni sulla legge in generale" premesse al Codice
Civile, lo straniero è ammesso a godere dei diritti civili a
condizione di reciprocità e salve le disposizioni contenute in
leggi speciali.
Il difetto di capacità giuridica che ne deriva subisce, peraltro,
varie e significative eccezioni.
In primo luogo, il problema nemmeno si pone per i cittadini
comunitari. Inoltre, a norma del D. Lgs. 25 luglio 1998, n. 286
(T.U. delle disposizioni concernenti la disciplina
dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) e del
relativo regolamento di attuazione (D. P. R. 31 agosto 1999, n.
394), allo straniero comunque presente nel territorio dello Stato
sono in ogni caso riconosciuti i diritti fondamentali della persona
umana previsti dalle norme di diritto interno, dalle convenzioni
internazionali in vigore e dal diritto internazionale
generale.
Ancora, il cittadino extracomunitario che soggiorni in territorio
italiano e sia titolare di carta di soggiorno o di un permesso di
soggiorno rilasciato per motivi di lavoro subordinato, di lavoro
autonomo e familiari, gode dei diritti civili che la legge
riconosce al cittadino italiano senza che vi sia necessità di
indagini sulla condizione di reciprocità.
Infine, non si procede alla verifica delle condizioni di
reciprocità, per le materie disciplinate da specifici accordi
internazionali, nel caso in cui il soggetto estero, sia esso
persona fisica o giuridica, appartenga a un Paese con il quale vige
con l'Italia un accordo in materia di diritti civili, essendo
l'accordo direttamente applicabile in quanto recepito nei
rispettivi ordinamenti interni. Nel caso residuale in cui difetti
il requisito della reciprocità, non si tratti di diritti
fondamentali della
persona umana e manchi altresì un accordo in materia di diritti
civili, il soggetto extracomunitario persona fisica potrà
validamente negoziare a condizione che sia dotato di un titolo di
soggiorno rientrante fra quelli sopra indicati.
In tal caso, la menzione delle attestazione delle Parti relative
al permesso di soggiorno, alla causale del soggiorno stesso, alla
vigenza di esso ovvero al tempestivo avvio delle pratiche di
rinnovo, appare parte integrante della qualificazione giuridica
della fattispecie negoziale, che, in difetto di tale requisito, non
potrebbe essere posta in essere per difetto di capacità
giuridica.
Il secondo caso preso in considerazione dalla regola,
normativamente più recente, presuppone risolto favorevolmente il
problema attinente la capacità giuridica e delinea una circoscritta
ipotesi in cui, pur ricorrendo la reciprocità o un accordo
internazionale in materia di diritti civili, il negozio posto in
essere dallo straniero irregolarmente soggiornante è comunque
vietato dalla legge.
L'art. 5 del D.L. 23 maggio 2008, n. 92 (c.d.
"Decreto Sicurezza"), convertito con modificazioni dalla legge 24
luglio 2008 n. 125, ha introdotto nel nostro ordinamento una nuova
fattispecie di reato, finalizzata a reprimere il
favoreggiamento della permanenza sul territorio nazionale di
immigrati irregolari.
Con il suddetto provvedimento normativo, infatti, all'art. 12 del
d. lgs. 286 del 1998 ("Testo Unico sull'Immigrazione") è stato
aggiunto il comma 5-bis, il quale punisce ora con la reclusione da
sei mesi a tre anni chiunque cede a titolo oneroso un immobile, di
cui abbia la disponibilità, ad un cittadino straniero
irregolarmente soggiornante nel territorio dello Stato. La condanna
con provvedimento irrevocabile comporta la confisca dell'immobile,
salvo che appartenga a persona estranea al reato.
In verità, non è facile che la fattispecie penalmente rilevante si
manifesti avanti al notaio in modo inequivocabile; la norma,
infatti, punisce specificamente il "dare alloggio e il cedere
l'immobile a titolo di proprietà o di locazione" a condizione che
la condotta del reo sia connotata da dolo specifico, cioè dalla
volontà e consapevolezza di dare alloggio o cedere un immobile al
soggetto irregolarmente soggiornante al fine di trarne ingiusto
profitto. Pertanto, per l'integrazione
dell'illecito penale, è necessario che l'agente abbia voluto trarre
un indebito vantaggio dalla condizione di "straniero irregolare"
della controparte, imponendo per l'alloggio o per la cessione
dell'immobile condizioni particolarmente onerose e sproporzionate
rispetto al valore normale del negozio intercorso.
Peraltro, onde render chiaro, a beneficio della collettività dei
soggetti i cui interessi saranno coinvolti dal contenuto e dalla
fede pubblica dell'atto stipulato, la regola impone di fugare - ove
possibile - esplicitamente ogni dubbio, evidenziando la regolarità
della presenza del soggetto extracomunitario.
La regola richiede che, perlomeno nei due casi considerati, sia
fatta chiarezza in atto, per dichiarazione delle parti, sulla
regolare permanenza dello straniero.
Oggetto di valutazione disciplinare, peraltro, non è il caso
singolo, nel quale la regolare permanenza dello straniero potrebbe
difettare, ma - per le varie ragioni sopra accennate - non
inficiare in alcun modo la ricevibilità e la validità dell'atto,
bensì il sistematico disinteresse che, oltre a violare l'art.
50 del codice deontologico e risultare sanzionabile a norma
dell'art. 147 lettera b, può integrare una fattispecie di illecita
concorrenza, sanzionabile a norma dell'art. 147 lettera c.
Vale la pena di chiarire un aspetto di carattere generale. Allo
straniero, anche non regolarmente soggiornante, è riconosciuta la
capacità giuridica, col solo limite della reciprocità. A parte il
caso, addirittura ovvio, del soggetto che acceda al territorio
nazionale legalmente ancorché transitoriamente allo scopo di
effettuarvi un investimento, anche il soggetto irregolarmente
presente si vede riconosciuta, purché sia verificata la condizione
di reciprocità (o le altre condizioni ad essa equivalenti), la
piena capacità giuridica secondo la sua legge nazionale (L. 31
maggio 1995, n. 218. Art. 20), per ogni conseguente effetto.
Orientamento approvato dal Consiglio Notarile di Milano in data 12
maggio 2009