40. Postergazione nelle perdite nella s.r.l. (art. 2482 quater c.c.)
L'art. 2482 quater c.c. - ove si
dispone che "in tutti i casi di riduzione del capitale per perdite
è esclusa ogni modificazione delle quote di partecipazione e dei
diritti spet-tanti ai soci" - regola gli effetti della
deliberazione di riduzione del capitale per perdite nella s.r.l.,
ma non impedisce che, a monte, l'atto costitutivo preveda per uno o
più soci una diversa incidenza delle perdite sulla propria
partecipazione sociale, analogamente a quanto dispone l'art. 2348
c.c. per la s.p.a..
Il rispetto del divieto del patto leonino impone in tal caso che la
riduzione del capitale per perdite, dopo aver causato
l'annullamento delle altre partecipazioni, comporti anche la
riduzione e, se del caso, l'annullamento, della partecipazione del
socio poster-gato nelle perdite.
MOTIVAZIONE
Il tenore letterale dell'art. 2482 quater c.c., ed in particolare
la locuzione iniziale "in tutti i casi", ha indotto alcuni primi
commentatori della disciplina della s.r.l. a ritenere del tutto
preclusa, in tale tipo sociale, la facoltà di introdurre una
clausola statutaria che disponga la postergazione di taluni soci
nelle perdite della società, giacché in tal modo si otterrebbe
proprio quella "modificazione delle quote di partecipazione e dei
diritti spettanti ai soci" di cui fa menzione la norma. La
postergazione, difatti, comporta la riduzione e financo
l'annullamento delle sole partecipazioni non posterga-te, a
copertura delle perdite della società, una volta utilizzate tutte
le riserve all'uopo disponibili.
A tale argomentazione letterale, inoltre, viene aggiunta quella
fondata sull'asserita tassatività dei casi in cui sia consentito
attribuire a singoli soci particolari diritti ai sensi dell'art.
2468, comma 3°, c.c., tra i quali, appunto, non rientra la
postergazione nelle perdite.
Entrambi i motivi, tuttavia, non appaiono fondati e non sono in
grado di soste-nere adeguatamente siffatta lettura restrittiva
della disciplina della s.r.l., nemmeno per ciò che concerne
specificamente il tema dell'incidenza delle perdite sulle
partecipazioni sociali.
Così è anzitutto per quanto riguarda il riferimento all'art. 2468,
comma 3°, c.c., avendo altrove cercato dimostrare la non
tassatività delle ipotesi ivi previste (v. mas-sima n. 39). Neppure
del resto può in alcun modo convincere l'argomento basato sulla
lettera della norma, la quale, in realtà, regola l'effetto che
potremmo dire "normale" di tutte le ipotesi di riduzione del
capitale sociale, limitandosi a stabilire che, a prescin-dere dalle
cause e dalle modalità di riduzione, essa si riverbera in modo
proporzionale ed uguale su tutte le partecipazioni. D'altronde,
norma del tutto analoga era prevista già in passato (art. 2496,
comma 3°, c.c., in base al quale "in caso di riduzione del
ca-pitale per perdite, i soci conservano i diritti sociali secondo
il valore originario delle ri-spettive quote"): avendo il
legislatore spostato il sistema di misurazione della grandez-za
delle partecipazioni dal loro "valore" (nominale) alla loro "quota"
(intesa quale fra-zione), la nuova formulazione della norma
chiarisce che, sia in caso di riduzione per perdite, sia in caso di
riduzione effettiva, non mutano le "quote" di partecipazione,
os-sia le "frazioni" di capitale sociale rappresentato da ciascuna
partecipazione.
Che in tale disposizione non si possa ravvisare alcun principio
inderogabile, tale da impedire all'autonomia negoziale di
modificare gli effetti "normali" della riduzione di capitale per
perdite, è infine dimostrato dal confronto del tipo s.r.l. con gli
altri tipi di società lucrative, laddove il legislatore prevede
espressamente - e si vedano a tal proposito l'art. 2348 c.c., in
tema di s.p.a., e l'art. 2263 c.c., in tema di società personali -
la possibilità di prevedere pattiziamente una diversa incidenza
delle perdite della società su talune partecipazioni rispetto ad
altre. Nessuna plausibile ragione pare pos-sibile cogliere nel
sistema normativo, affinché si debba ritenere vietato tale
risultato anche nella s.r.l., la cui disciplina dovrebbe anzi
caratterizzarsi, rispetto alla s.p.a., da un maggior grado di
derogabilità rispetto al modello legale.
Ne consegue che, salvo il limite del patto leonino cui si fa
menzione anche nella presente massima, è consentito all'autonomia
negoziale prevedere sia le consuete for-me di postergazione nelle
perdite, sia le ulteriori possibili forme di diversificazione
dell'incidenza delle perdite sulle singole partecipazioni sociali
(ad esempio determinan-do percentuali di incidenza diverse rispetto
alle quote di capitale), configurandosi così, un'ipotesi di diritti
"particolari", ai sensi del già menzionato art. 2468 c.c. (v.
massima n. 39).