MASSIMA
Sono legittime le clausole statutarie di s.p.a. o s.r.l. che
prevedono l'automatica estinzione di azioni o quote al decorso di
un termine o al verificarsi di una condizione non meramente
potestativa - ivi compreso il conseguimento di un ammontare
comples- sivo di utili calcolati nel corso del tempo, a decorrere
da un determinato momento - anche senza alcun diritto di
liquidazione a favore del titolare delle azioni o quote mede-
sime.
Se si tratta di azioni senza indicazione del valore nominale o di
quote di s.r.l., e non viene previsto alcun diritto di liquidazione
a favore del loro titolare, l'estinzione delle azioni o quote
avviene automaticamente, senza limite alcuno e senza modificazione
dell'ammontare del capitale sociale (fatta salva la modificazione
statutaria concernente il numero delle azioni in circolazione, che
dà luogo all'obbligo di deposito dello statuto sociale aggiornato,
ai sensi dell'art. 2436, comma 6, c.c., a cura degli
amministratori).
Se si tratta di azioni con indicazione del valore nominale,
l'estinzione delle azioni comporta o la riduzione del capitale
sociale, subordinatamente al rispetto dell'art. 2445 c.c., o
l'incremento del valore nominale di tutte le altre azioni, con gli
eventuali arroton- damenti ove necessari.
Se l'estinzione delle azioni o quote dà luogo a un diritto di
liquidazione in denaro o in natura a favore dei rispettivi
titolari, l'esecuzione della liquidazione è subordinata al rispetto
delle norme che disciplinano le distribuzioni ai soci, in
dipendenza della na- tura e della composizione delle voci del
patrimonio netto della società.
MOTIVAZIONE
1. - La massima intende affrontare, risolvendola in senso positivo,
la questione della ammissibilità della partecipazione "a tempo". Si
tratta, in particolare, di stabilire se gli statuti delle s.p.a. e
delle s.r.l. possano strutturare i diritti di una certa categoria
azionaria o i diritti speciali di una certa quota nel senso di
prevedere, appunto, l'automatica estinzione delle azioni di
categoria o della quota al verificarsi di un determinato
evento.
La questione solleva l'interesse della prassi sotto diversi punti
di vista. Quello forse più interessante è l'esigenza, sempre più
avvertita, di incentivare interventi di supporto a favore di
società che, da un lato, si configurino come interventi di
rafforzamento patrimoniale vero e proprio e non solo dunque di
rafforzamento finanziario, e che, dall'altro lato, non realizzino
un coinvolgimento tendenzialmente permanente del soggetto
disponibile ad intervenire. In uno scenario di tale natura, vi può
dunque essere una convergenza di interessi volta ad accogliere il
soggetto terzo come socio che partecipa al capitale, al contempo
predeterminandone l'uscita al verificarsi di certe condizioni, come
tipicamente potrebbe essere il conseguimento di un determinato
importo di utili.
La massima accoglie le istanze provenienti dalla prassi, sulla base
dell'assunto, di portata generale, della insussistenza, nel diritto
societario vigente, di divieti alla emissione di azioni o quote a
carattere strutturalmente temporaneo.
La disciplina di diritto comune, come è stato osservato in
dottrina, già di per sé dimostra che la partecipazione sociale non
è affatto caratterizzata da vincoli, ma nemmeno presunzioni, di
perpetuità (nei limiti beninteso della durata della società). Tanto
nelle s.p.a. quanto nelle s.r.l. viene concessa (o si ritiene
pacificamente concessa) un'ampia autonomia statutaria in materia di
recesso e di riscatto; il che implica che ampia è l'autonomia
statutaria nel consentire lo scioglimento anticipato del vincolo
sociale in dipendenza della volontà dello stesso socio uscente
(recesso) o della società o di soci terzi (riscatto). La presenza
di clausole statutarie di recesso convenzionale o di riscatto, in
altre parole, costituiscono proprio ipotesi in cui la
partecipazione sociale viene convenzionalmente considerata come
temporanea: la perpetuità (sempre nei limiti della durata della
società) della partecipazione sociale non è dunque un tratto
tipologico irrinunciabile delle società di capitali.
Nell'introdurre tali tipologie di partecipazioni, lo statuto dovrà
dunque farsi carico di indicare il termine di estinzione delle
stesse o le condizioni in presenza delle quali l'estinzione
medesima ha luogo. A tale ultimo riguardo, la massima precisa che
non potrà considerarsi legittima, in ossequio al principio generale
che si ricava dall'art. 1355 c.c., la previsione di una condizione
meramente potestativa. Si può inoltre aggiungere che particolare
cautela dovrà comunque essere usata nell'apposizione di condizioni
comunque dipendenti dalla volontà (ancorchè non meramente
potestativa) della società, onde evitare il rischio di una
riqualificazione della partecipazione come partecipazione non
semplicemente «auto-estinguibile», ma riscattabile, e come tale
soggetta alla relativa disciplina codicistica.
2. -Ed in effetti, se è vero che la previsione di azioni o quote
«auto-estinguibili», dal punto di vista concettuale, si colloca nel
solco di ciò che è certamente legittimo, le azioni o quote di cui
la massima si occupa sono però connotate da due elementi distintivi
rispetto alle partecipazioni dotate di diritti di recesso o
soggette a diritti di riscatto. In primo luogo, esse sono destinate
all'estinzione senza che né il socio interessato, né la società, né
un socio terzo debbano esprimere alcuna specifica ulteriore
volontà. Nel recesso e nel riscatto, lo scioglimento del vincolo
avviene a seguito dell'esercizio del correlato diritto potestativo
assegnato all'avente diritto: nelle partecipazioni
auto-estinguibili, invece, lo scioglimento avviene invece in modo
automatico, al verificarsi dell'evento previsto nello statuto. Si
tratta di una differenza che non desta però alcuna particolare
criticità, dando naturalmente per scontato che il processo di
auto-estinzione sia stato accettato dal socio interessato mediante
la volontà di sottoscrivere una partecipazione dotata di quella
peculiare caratteristica.
In secondo luogo, e sempre riflettendo sugli elementi distintivi
rispetto al recesso o al riscatto, le azioni o quote
auto-estinguibili potrebbero non dare luogo, considerate le
concrete logiche (sopra accennate) che possono ispirarne
l'introduzione in statuto, ad alcun diritto economico a favore del
socio uscente. Anche questa caratteristica non pare però porsi in
rotta di collisione con alcun principio o alcuna norma
inderogabile. E' vero infatti che la disciplina vigente assicura al
socio riscattato il diritto ad una corretta valorizzazione del
proprio investimento, ma lo fa perché nell'ipotesi di riscatto il
socio subisce l'estromissione per volontà altrui. Ed è altrettanto
vero che, analogamente, la vigente disciplina contempla il diritto
di liquidazione a favore del socio recedente (secondo modalità più
o meno flessibili a seconda che si tratti di recesso legale o
convenzionale): ma lo fa perché, tipicamente, il recesso è, già lo
si ricordava, l'esercizio di un diritto di exit rispetto al quale
il socio fisiologicamente effettua una comparazione tra il suo
interesse a rimanere vincolato ad una società che, per esempio,
abbia cambiato contro la propria volontà il proprio oggetto
sociale, e l'interesse costituito dalla liquidazione monetaria
prevista a suo favore. Ebbene, le caratteristiche delle azioni o
quote auto-estinguibili non rispondono a nessuna di tali logiche.
Esse, piuttosto, sono partecipazioni che strutturalmente posseggono
in sé la natura della temporaneità, natura che viene dal socio e
dalla società accettata ex ante sulla base di valutazioni di
convenienza economica rispetto alle quali nulla il diritto può
dire. Tanto nel recesso quanto nel riscatto, detto altrimenti, lo
scioglimento del vincolo è una reazione discrezionale ed eventuale
del socio al verificarsi di un certo evento: la liquidazione del
socio uscente costituisce, in qualche modo, la contropartita di
tale reazione. Nelle partecipazioni auto-estinguibili le parti,
invece, convengono ed accettano ex ante (tenendone conto, dunque,
nella definizione delle condizioni anche economiche di ingresso
nella compagine sociale) che i reciproci rapporti debbano
considerarsi automaticamente chiusi e, per così dire, soddisfatti,
al verificarsi di un certo evento. Non vi sono pertanto ragioni per
imporre, in tali ipotesi, forme di liquidazione a favore del socio
uscente.
3. - Le considerazioni svolte nel paragrafo che precede nulla
tolgono al fatto che la scelta delle parti possa invece essere
quella di prevedere, al verificarsi dalla auto-estinzione della
partecipazione sociale, una liquidazione a carico della società. La
massima, sul punto, vuole ricordare che una siffatta liquidazione
integrerebbe un'ipotesi di distribuzione al socio uscente.
Occorrerà, pertanto, che la distribuzione avvenga nel rispetto
delle norme che, appunto, disciplinano i presupposti in presenza
dei quali possono essere distribuite voci del patrimonio netto (ivi
incluso il capitale sociale) delle società.
Sempre in un'ottica operativa, la massima ricorda anche quali sono
le conseguenze statutarie della auto-estinzione delle
partecipazioni nell'ipotesi di assenza di diritto alla liquidazione
a favore del socio uscente. Al proposito, si precisa anzitutto che
in assenza di valore nominale delle azioni, così come nel caso di
partecipazioni di s.r.l., l'estinzione della partecipazione non dà
luogo ad alcuna variazione del capitale sociale. Più precisamente,
nel caso di azioni senza valore nominale, si ridurrà semplicemente
il numero delle azioni in circolazione (con conseguente obbligo per
gli amministratori di aggiornare lo statuto sociale depositato al
registro delle imprese) e si registrerà, ma ciò non ha conseguenze
statutarie, un incremento della parità contabile implicita delle
azioni. Nel caso di quote di s.r.l., parimenti, il capitale rimarrà
immutato, e la misura delle quote dei restanti soci si accrescerà
(se del caso, con i necessari arrotondamenti) in via
proporzionale.
Diverso è invece il caso della auto-estinzione, sempre senza
obblighi di liquidazione a favore del socio uscente, nel caso di
azioni con valore nominale. In questo caso, infatti, l'estinzione
delle azioni comporterà necessariamente la riduzione del capitale
sociale mediante imputazione a riserva del valore nominale delle
azioni estinte. L'operazione, conseguentemente, dovrà rispettare la
disciplina della riduzione volontaria di capitale di cui all'art.
2445 c.c., e potrà dunque essere perfezionata, in assenza di
opposizione dei creditori, soltanto dopo il decorso di 90
giorni.
Infine, se l'estinzione delle azioni o quote dà luogo a un diritto
di liquidazione in denaro o in natura a favore dei rispettivi
titolari - in aggiunta alle accortezze operative indicate nei
paragrafi precedenti, che risulteranno comunque applicabili a
seconda che le azioni abbiano o meno valore nominale - troveranno
applicazione le norme che disciplinano le distribuzioni ai soci e
pertanto - ad esempio - l'operazione dovrà rispettare (anche in
presenza di azioni senza valore nominale) la disciplina della
riduzione volontaria di capitale di cui all'art. 2445 c.c., qualora
la liquidazione al socio, in assenza di riserve disponibili,
richieda appunto la riduzione del capitale.
Nota bibliografica
La Massima afferma la possibilità di creare partecipazioni "a
tempo" ovvero destinate a cessare una volta decorso il termine
finale di durata o al verificarsi di una condizione non meramente
potestativa. In tal senso si è espresso l'Osservatorio sul diritto
societario del Consiglio Notarile dei Distretti Riuniti di Firenze,
Pistoia e Prato con l'Orientamento n. 66/2018 - Le partecipazioni
sociali a tempo. In particolare a sostegno dell'ammissibilità di
partecipazioni (sia azioni, sia quote) "a tempo" o "a durata
predeterminata" è stato richiamato l'art. 17, comma 3, d.lgs.
175/2016 il quale stabilisce che nella società a partecipazione
mista pubblico-privata affidataria di appalti o concessioni "la
durata della partecipazione privata alla società non può essere
superiore alla durata dell'appalto o della concessione". Per un
commento a tale disposizione e le possibili soluzioni statutarie da
adottare per garantire tale temporaneità si v., ex multis: E.
Codazzi, Le società miste, in Le società a partecipazione pubblica.
Commentario tematico ai d.lgs. 175/2016 e 100/2017, diretto da C.
Ibba e I. Demuro, Zanichelli, 2018, 277 e ss. ed ivi 310; V.
Varone, Art. 17, in Codice delle Società a partecipazione pubblica,
a cura di G. Morbidelli, Milano, Giuffrè, 2018, 375 e ss. ed ivi
387; F. Guerrera, Le società a partecipazione mista
pubblico-privata (art. 17 tusp), in Le "nuove" società partecipate
e in house providing, a cura di S. Fortunato e F. Vessia, Giuffrè,
Milano, 2017, 117 e ss., ed ivi 120, il quale afferma proprio che
una delle modalità con le quali lo statuto può conformarsi alla
regola di cui all'art. 17, comma 3, è quella di prevedere o azioni
o quote (quelle detenute dal socio privato) riscattabili per
decisione unilaterale del socio pubblico oppure "partecipazioni "a
tempo", destinate cioè a estinguersi in esito allo scioglimento o
conclusione dell'appalto o alla scadenza della concessione, anche
in virtù di esclusione automatica"; F. Fimmanò - V. Occorsio, Atti
e statuti delle società pubbliche alla luce della riforma
"corretta", in Not., 2017, 372 e ss.; M. Maltoni - A. Ruotolo, La
costituzione di nuove società a partecipazione mista pubblica -
privata: statuti delle s.p.a., delle s.r.l., speciali categorie di
azioni e patti parasociali (art. 17 T.U. società a partecipazione
pubblica, C.N.N. - Studio di Impresa n. 298-2016/I, in CNN Notizie,
20 gennaio 2017; V. Donativi, Le società a partecipazione pubblica,
Wolters Kluwer, 2016, 1087 e ss.
L'Orientamento succitato estende tale soluzione anche alle società
di "diritto comune". Inoltre nella nota 7 dell'Orientamento
succitato si legge che: "allargando la prospettiva, si potrebbe
ipotizzare anche la creazione di partecipazioni soggette a
condizione risolutiva del verificarsi di un determinato evento,
tema del quale, tuttavia, occorre vagliare le possibili
implicazioni". Sulle partecipazioni "a tempo" e la loro
riconducibilità a categorie speciali di azioni, ovvero, se
introdotte in una s.r.l., a diritti particolari ex art. 2468 c.c.
ovvero, a categorie di quote, per effetto della recente normativa
in materia di PMI si v. G. Maniglio, Alcune note in materia di
partecipazioni sociali riscattande e con termine finale di durata,
in Fallimenti e Società.it. Per un commento allìOrientamento
succitato si v. F. Pezone, Le partecipazioni sociali a tempo.
Commento, in Orientamenti notarili commentati in materia di diritto
societario, a cura di A. Sacco Ginevri, 2019, 24 e ss.
In senso favorevole alla legittimità di partecipazioni "a tempo", a
partire da altre ipotesi espressamente previste dal legislatore e
connotate dalla temporaneità dell'investimento societario, si v.:
P. Sfameni, Azioni di categoria e diritti patrimoniali, Milano,
2008, 98, il quale, seppur con riferimento alle fattispecie
diverse, del recesso convenzionale e del riscatto connotate
anch'esse dalla temporaneità dell'investimento societario, ancorché
rimessa alla discrezionalità delle parti del rapporto, afferma che
"il legislatore della riforma, legittimando espressamente
l'emissione di partecipazioni azionarie a tempo (è il caso del
recesso convenzionale e del riscatto ai sensi dell'art. 2437-sexies
c.c.) [..] colloca tale fattore tra gli elementi strutturali della
partecipazione azionaria" (corsivo aggiunto); ed ivi, 147, ove si
legge: "la compatibilità dell'investimento a tempo con la
fattispecie societaria non è più, dunque, revocabile in dubbio
[..]", seppur nell'ambito della questione relativa alla legittimità
della fattispecie (non prevista legislativamente) del diritto al
riscatto del socio verso la società (puttable redeemable
shares).
La seconda questione affrontata dalla Massima è relativa alla
necessità o meno di prevedere un diritto di liquidazione a favore
del socio "uscente" per effetto del decorso del termine o del
verificarsi della condizione non meramente potestativa. Nel senso
prospettato dalla Massima anche l'Orientamento n. 66/2018 - Le
partecipazioni sociali a tempo dell'Osservatorio sul diritto
societario del Consiglio Notarile dei Distretti Riuniti di Firenze,
Pistoia e Prato. In relazione a tal questione relativa alla
liquidazione del socio, seppur con riferimento alla fattispecie
delle puttable redeemable shares, differente ma connotata da
temporaneità dell'investimento, si v. L. Calvosa, L'emissione di
azioni riscattabili come tecnica di finanziamento, in Riv. dir.
comm., 2007, I, 195 e ss., la quale ritiene che le azioni
riscattabili con clausola put non sono sottoposte alla disciplina
di cui all'art. 2437-ter c.c., neanche per quanto concerne la
disciplina del rimborso. In questo senso anche: P. Sfameni, Azioni
di categoria e diritti patrimoniali, op. cit., 146, nota 177.
Con riferimento alla fattispecie di cui all'art. 17, comma 3,
d.lgs. 175/2016, nel senso di ritenere applicabile quanto previsto
dall'art. 2437-ter c.c., si v.: V. Varone, Art. 17, in Codice delle
Società a partecipazione pubblica, op. cit., 387; F. Guerrera, Le
società a partecipazione mista pubblico-privata (art. 17 tusp), op.
cit., 120; M. Maltoni - A. Ruotolo, La costituzione di nuove
società a partecipazione mista pubblica - privata: statuti delle
s.p.a., delle s.r.l., speciali categorie di azioni e patti
parasociali (art. 17 T.U. società a partecipazione pubblica, C.N.N.
- Studio di Impresa n. 298-2016/I, in CNN Notizie, 20 gennaio 2017.
[Nota bibliografica a cura di M. Pin]
MASSIMA
Sono legittime le clausole statutarie di s.p.a. o s.r.l. che
prevedono l'automatica estinzione di azioni o quote al decorso di
un termine o al verificarsi di una condizione non meramente
potestativa - ivi compreso il conseguimento di un ammontare
comples- sivo di utili calcolati nel corso del tempo, a decorrere
da un determinato momento - anche senza alcun diritto di
liquidazione a favore del titolare delle azioni o quote mede-
sime.
Se si tratta di azioni senza indicazione del valore nominale o
di quote di s.r.l., e non viene previsto alcun diritto di
liquidazione a favore del loro titolare, l'estinzione delle azioni
o quote avviene automaticamente, senza limite alcuno e senza
modificazione dell'ammontare del capitale sociale (fatta salva la
modificazione statutaria concernente il numero delle azioni in
circolazione, che dà luogo all'obbligo di deposito dello statuto
sociale aggiornato, ai sensi dell'art. 2436, comma 6, c.c., a cura
degli amministratori).
Se si tratta di azioni con indicazione del valore nominale,
l'estinzione delle azioni comporta o la riduzione del capitale
sociale, subordinatamente al rispetto dell'art. 2445 c.c., o
l'incremento del valore nominale di tutte le altre azioni, con gli
eventuali arroton- damenti ove necessari.
Se l'estinzione delle azioni o quote dà luogo a un diritto di
liquidazione in denaro o in natura a favore dei rispettivi
titolari, l'esecuzione della liquidazione è subordinata al rispetto
delle norme che disciplinano le distribuzioni ai soci, in
dipendenza della na- tura e della composizione delle voci del
patrimonio netto della società.
MOTIVAZIONE
1. - La massima intende affrontare, risolvendola in senso
positivo, la questione della ammissibilità della partecipazione "a
tempo". Si tratta, in particolare, di stabilire se gli statuti
delle s.p.a. e delle s.r.l. possano strutturare i diritti di una
certa categoria azionaria o i diritti speciali di una certa quota
nel senso di prevedere, appunto, l'automatica estinzione delle
azioni di categoria o della quota al verificarsi di un determinato
evento.
La questione solleva l'interesse della prassi sotto diversi
punti di vista. Quello forse più interessante è l'esigenza, sempre
più avvertita, di incentivare interventi di supporto a favore di
società che, da un lato, si configurino come interventi di
rafforzamento patrimoniale vero e proprio e non solo dunque di
rafforzamento finanziario, e che, dall'altro lato, non realizzino
un coinvolgimento tendenzialmente permanente del soggetto
disponibile ad intervenire. In uno scenario di tale natura, vi può
dunque essere una convergenza di interessi volta ad accogliere il
soggetto terzo come socio che partecipa al capitale, al contempo
predeterminandone l'uscita al verificarsi di certe condizioni, come
tipicamente potrebbe essere il conseguimento di un determinato
importo di utili.
La massima accoglie le istanze provenienti dalla prassi, sulla
base dell'assunto, di portata generale, della insussistenza, nel
diritto societario vigente, di divieti alla emissione di azioni o
quote a carattere strutturalmente temporaneo.
La disciplina di diritto comune, come è stato osservato in
dottrina, già di per sé dimostra che la partecipazione sociale non
è affatto caratterizzata da vincoli, ma nemmeno presunzioni, di
perpetuità (nei limiti beninteso della durata della società). Tanto
nelle s.p.a. quanto nelle s.r.l. viene concessa (o si ritiene
pacificamente concessa) un'ampia autonomia statutaria in materia di
recesso e di riscatto; il che implica che ampia è l'autonomia
statutaria nel consentire lo scioglimento anticipato del vincolo
sociale in dipendenza della volontà dello stesso socio uscente
(recesso) o della società o di soci terzi (riscatto). La presenza
di clausole statutarie di recesso convenzionale o di riscatto, in
altre parole, costituiscono proprio ipotesi in cui la
partecipazione sociale viene convenzionalmente considerata come
temporanea: la perpetuità (sempre nei limiti della durata della
società) della partecipazione sociale non è dunque un tratto
tipologico irrinunciabile delle società di capitali.
Nell'introdurre tali tipologie di partecipazioni, lo statuto
dovrà dunque farsi carico di indicare il termine di estinzione
delle stesse o le condizioni in presenza delle quali l'estinzione
medesima ha luogo. A tale ultimo riguardo, la massima precisa che
non potrà considerarsi legittima, in ossequio al principio generale
che si ricava dall'art. 1355 c.c., la previsione di una condizione
meramente potestativa. Si può inoltre aggiungere che particolare
cautela dovrà comunque essere usata nell'apposizione di condizioni
comunque dipendenti dalla volontà (ancorchè non meramente
potestativa) della società, onde evitare il rischio di una
riqualificazione della partecipazione come partecipazione non
semplicemente «auto-estinguibile», ma riscattabile, e come tale
soggetta alla relativa disciplina codicistica.
2. -Ed in effetti, se è vero che la previsione di azioni o quote
«auto-estinguibili», dal punto di vista concettuale, si colloca nel
solco di ciò che è certamente legittimo, le azioni o quote di cui
la massima si occupa sono però connotate da due elementi distintivi
rispetto alle partecipazioni dotate di diritti di recesso o
soggette a diritti di riscatto. In primo luogo, esse sono destinate
all'estinzione senza che né il socio interessato, né la società, né
un socio terzo debbano esprimere alcuna specifica ulteriore
volontà. Nel recesso e nel riscatto, lo scioglimento del vincolo
avviene a seguito dell'esercizio del correlato diritto potestativo
assegnato all'avente diritto: nelle partecipazioni
auto-estinguibili, invece, lo scioglimento avviene invece in modo
automatico, al verificarsi dell'evento previsto nello statuto. Si
tratta di una differenza che non desta però alcuna particolare
criticità, dando naturalmente per scontato che il processo di
auto-estinzione sia stato accettato dal socio interessato mediante
la volontà di sottoscrivere una partecipazione dotata di quella
peculiare caratteristica.
In secondo luogo, e sempre riflettendo sugli elementi distintivi
rispetto al recesso o al riscatto, le azioni o quote
auto-estinguibili potrebbero non dare luogo, considerate le
concrete logiche (sopra accennate) che possono ispirarne
l'introduzione in statuto, ad alcun diritto economico a favore del
socio uscente. Anche questa caratteristica non pare però porsi in
rotta di collisione con alcun principio o alcuna norma
inderogabile. E' vero infatti che la disciplina vigente assicura al
socio riscattato il diritto ad una corretta valorizzazione del
proprio investimento, ma lo fa perché nell'ipotesi di riscatto il
socio subisce l'estromissione per volontà altrui. Ed è altrettanto
vero che, analogamente, la vigente disciplina contempla il diritto
di liquidazione a favore del socio recedente (secondo modalità più
o meno flessibili a seconda che si tratti di recesso legale o
convenzionale): ma lo fa perché, tipicamente, il recesso è, già lo
si ricordava, l'esercizio di un diritto di exit rispetto al quale
il socio fisiologicamente effettua una comparazione tra il suo
interesse a rimanere vincolato ad una società che, per esempio,
abbia cambiato contro la propria volontà il proprio oggetto
sociale, e l'interesse costituito dalla liquidazione monetaria
prevista a suo favore. Ebbene, le caratteristiche delle azioni o
quote auto-estinguibili non rispondono a nessuna di tali logiche.
Esse, piuttosto, sono partecipazioni che strutturalmente posseggono
in sé la natura della temporaneità, natura che viene dal socio e
dalla società accettata ex ante sulla base di valutazioni di
convenienza economica rispetto alle quali nulla il diritto può
dire. Tanto nel recesso quanto nel riscatto, detto altrimenti, lo
scioglimento del vincolo è una reazione discrezionale ed eventuale
del socio al verificarsi di un certo evento: la liquidazione del
socio uscente costituisce, in qualche modo, la contropartita di
tale reazione. Nelle partecipazioni auto-estinguibili le parti,
invece, convengono ed accettano ex ante (tenendone conto, dunque,
nella definizione delle condizioni anche economiche di ingresso
nella compagine sociale) che i reciproci rapporti debbano
considerarsi automaticamente chiusi e, per così dire, soddisfatti,
al verificarsi di un certo evento. Non vi sono pertanto ragioni per
imporre, in tali ipotesi, forme di liquidazione a favore del socio
uscente.
3. - Le considerazioni svolte nel paragrafo che precede nulla
tolgono al fatto che la scelta delle parti possa invece essere
quella di prevedere, al verificarsi dalla auto-estinzione della
partecipazione sociale, una liquidazione a carico della società. La
massima, sul punto, vuole ricordare che una siffatta liquidazione
integrerebbe un'ipotesi di distribuzione al socio uscente.
Occorrerà, pertanto, che la distribuzione avvenga nel rispetto
delle norme che, appunto, disciplinano i presupposti in presenza
dei quali possono essere distribuite voci del patrimonio netto (ivi
incluso il capitale sociale) delle società.
Sempre in un'ottica operativa, la massima ricorda anche quali
sono le conseguenze statutarie della auto-estinzione delle
partecipazioni nell'ipotesi di assenza di diritto alla liquidazione
a favore del socio uscente. Al proposito, si precisa anzitutto che
in assenza di valore nominale delle azioni, così come nel caso di
partecipazioni di s.r.l., l'estinzione della partecipazione non dà
luogo ad alcuna variazione del capitale sociale. Più precisamente,
nel caso di azioni senza valore nominale, si ridurrà semplicemente
il numero delle azioni in circolazione (con conseguente obbligo per
gli amministratori di aggiornare lo statuto sociale depositato al
registro delle imprese) e si registrerà, ma ciò non ha conseguenze
statutarie, un incremento della parità contabile implicita delle
azioni. Nel caso di quote di s.r.l., parimenti, il capitale rimarrà
immutato, e la misura delle quote dei restanti soci si accrescerà
(se del caso, con i necessari arrotondamenti) in via
proporzionale.
Diverso è invece il caso della auto-estinzione, sempre senza
obblighi di liquidazione a favore del socio uscente, nel caso di
azioni con valore nominale. In questo caso, infatti, l'estinzione
delle azioni comporterà necessariamente la riduzione del capitale
sociale mediante imputazione a riserva del valore nominale delle
azioni estinte. L'operazione, conseguentemente, dovrà rispettare la
disciplina della riduzione volontaria di capitale di cui all'art.
2445 c.c., e potrà dunque essere perfezionata, in assenza di
opposizione dei creditori, soltanto dopo il decorso di 90
giorni.
Infine, se l'estinzione delle azioni o quote dà luogo a un
diritto di liquidazione in denaro o in natura a favore dei
rispettivi titolari - in aggiunta alle accortezze operative
indicate nei paragrafi precedenti, che risulteranno comunque
applicabili a seconda che le azioni abbiano o meno valore nominale
- troveranno applicazione le norme che disciplinano le
distribuzioni ai soci e pertanto - ad esempio - l'operazione dovrà
rispettare (anche in presenza di azioni senza valore nominale) la
disciplina della riduzione volontaria di capitale di cui all'art.
2445 c.c., qualora la liquidazione al socio, in assenza di riserve
disponibili, richieda appunto la riduzione del capitale.
Nota bibliografica
La Massima afferma la possibilità di creare partecipazioni "a
tempo" ovvero destinate a cessare una volta decorso il termine
finale di durata o al verificarsi di una condizione non meramente
potestativa. In tal senso si è espresso l'Osservatorio sul diritto
societario del Consiglio Notarile dei Distretti Riuniti di Firenze,
Pistoia e Prato con l'Orientamento n. 66/2018 - Le partecipazioni
sociali a tempo. In particolare a sostegno dell'ammissibilità di
partecipazioni (sia azioni, sia quote) "a tempo" o "a durata
predeterminata" è stato richiamato l'art. 17, comma 3, d.lgs.
175/2016 il quale stabilisce che nella società a partecipazione
mista pubblico-privata affidataria di appalti o concessioni "la
durata della partecipazione privata alla società non può essere
superiore alla durata dell'appalto o della concessione". Per un
commento a tale disposizione e le possibili soluzioni statutarie da
adottare per garantire tale temporaneità si v., ex multis: E.
Codazzi, Le società miste, in Le società a partecipazione pubblica.
Commentario tematico ai d.lgs. 175/2016 e 100/2017, diretto da C.
Ibba e I. Demuro, Zanichelli, 2018, 277 e ss. ed ivi 310; V.
Varone, Art. 17, in Codice delle Società a partecipazione pubblica,
a cura di G. Morbidelli, Milano, Giuffrè, 2018, 375 e ss. ed ivi
387; F. Guerrera, Le società a partecipazione mista
pubblico-privata (art. 17 tusp), in Le "nuove" società partecipate
e in house providing, a cura di S. Fortunato e F. Vessia, Giuffrè,
Milano, 2017, 117 e ss., ed ivi 120, il quale afferma proprio che
una delle modalità con le quali lo statuto può conformarsi alla
regola di cui all'art. 17, comma 3, è quella di prevedere o azioni
o quote (quelle detenute dal socio privato) riscattabili per
decisione unilaterale del socio pubblico oppure "partecipazioni "a
tempo", destinate cioè a estinguersi in esito allo scioglimento o
conclusione dell'appalto o alla scadenza della concessione, anche
in virtù di esclusione automatica"; F. Fimmanò - V. Occorsio, Atti
e statuti delle società pubbliche alla luce della riforma
"corretta", in Not., 2017, 372 e ss.; M. Maltoni - A. Ruotolo, La
costituzione di nuove società a partecipazione mista pubblica -
privata: statuti delle s.p.a., delle s.r.l., speciali categorie di
azioni e patti parasociali (art. 17 T.U. società a partecipazione
pubblica, C.N.N. - Studio di Impresa n. 298-2016/I, in CNN Notizie,
20 gennaio 2017; V. Donativi, Le società a partecipazione pubblica,
Wolters Kluwer, 2016, 1087 e ss.
L'Orientamento succitato estende tale soluzione anche alle
società di "diritto comune". Inoltre nella nota 7 dell'Orientamento
succitato si legge che: "allargando la prospettiva, si potrebbe
ipotizzare anche la creazione di partecipazioni soggette a
condizione risolutiva del verificarsi di un determinato evento,
tema del quale, tuttavia, occorre vagliare le possibili
implicazioni". Sulle partecipazioni "a tempo" e la loro
riconducibilità a categorie speciali di azioni, ovvero, se
introdotte in una s.r.l., a diritti particolari ex art. 2468 c.c.
ovvero, a categorie di quote, per effetto della recente normativa
in materia di PMI si v. G. Maniglio, Alcune note in materia di
partecipazioni sociali riscattande e con termine finale di durata,
in Fallimenti e Società.it. Per un commento allìOrientamento
succitato si v. F. Pezone, Le partecipazioni sociali a tempo.
Commento, in Orientamenti notarili commentati in materia di diritto
societario, a cura di A. Sacco Ginevri, 2019, 24 e ss.
In senso favorevole alla legittimità di partecipazioni "a
tempo", a partire da altre ipotesi espressamente previste dal
legislatore e connotate dalla temporaneità dell'investimento
societario, si v.: P. Sfameni, Azioni di categoria e diritti
patrimoniali, Milano, 2008, 98, il quale, seppur con
riferimento alle fattispecie diverse, del recesso convenzionale e
del riscatto connotate anch'esse dalla temporaneità
dell'investimento societario, ancorché rimessa alla discrezionalità
delle parti del rapporto, afferma che "il legislatore della
riforma, legittimando espressamente l'emissione di partecipazioni
azionarie a tempo (è il caso del recesso convenzionale e del
riscatto ai sensi dell'art. 2437-sexies c.c.) [..] colloca tale
fattore tra gli elementi strutturali della partecipazione
azionaria" (corsivo aggiunto); ed ivi, 147, ove si legge: "la
compatibilità dell'investimento a tempo con la fattispecie
societaria non è più, dunque, revocabile in dubbio [..]", seppur
nell'ambito della questione relativa alla legittimità della
fattispecie (non prevista legislativamente) del diritto al riscatto
del socio verso la società (puttable redeemable shares).
La seconda questione affrontata dalla Massima è relativa alla
necessità o meno di prevedere un diritto di liquidazione a favore
del socio "uscente" per effetto del decorso del termine o del
verificarsi della condizione non meramente potestativa. Nel senso
prospettato dalla Massima anche l'Orientamento n. 66/2018 - Le
partecipazioni sociali a tempo dell'Osservatorio sul diritto
societario del Consiglio Notarile dei Distretti Riuniti di Firenze,
Pistoia e Prato. In relazione a tal questione relativa alla
liquidazione del socio, seppur con riferimento alla fattispecie
delle puttable redeemable shares, differente ma connotata da
temporaneità dell'investimento, si v. L. Calvosa, L'emissione di
azioni riscattabili come tecnica di finanziamento, in Riv. dir.
comm., 2007, I, 195 e ss., la quale ritiene che le azioni
riscattabili con clausola put non sono sottoposte alla disciplina
di cui all'art. 2437-ter c.c., neanche per quanto concerne la
disciplina del rimborso. In questo senso anche: P. Sfameni, Azioni
di categoria e diritti patrimoniali, op. cit., 146, nota 177.
Con riferimento alla fattispecie di cui all'art. 17, comma 3,
d.lgs. 175/2016, nel senso di ritenere applicabile quanto previsto
dall'art. 2437-ter c.c., si v.: V. Varone, Art. 17, in Codice delle
Società a partecipazione pubblica, op. cit., 387; F. Guerrera, Le
società a partecipazione mista pubblico-privata (art. 17 tusp), op.
cit., 120; M. Maltoni - A. Ruotolo, La costituzione di nuove
società a partecipazione mista pubblica - privata: statuti delle
s.p.a., delle s.r.l., speciali categorie di azioni e patti
parasociali (art. 17 T.U. società a partecipazione pubblica, C.N.N.
- Studio di Impresa n. 298-2016/I, in CNN Notizie, 20 gennaio 2017.
[Nota bibliografica a cura di M. Pin]