172 Modalità e condizioni di emissione di categorie di quote di s.r.l. PMI (art. 26, comma 2, d.l. 179/2012)
MASSIMA
In mancanza di diverse disposizioni dello statuto, l'emissione di
nuove categorie di quote da parte di una s.r.l. PMI è deliberata
dall'assemblea dei soci con le maggioranze richieste dalla legge o
dallo statuto per le modificazioni statutarie, a condizione che sia
rispettato il principio di parità di trattamento dei soci. Ciò può
pertanto verificarsi qualora l'emissione di una nuova categoria di
quote avvenga: (i) in forza di un aumento del capitale sociale
offerto in opzione ai soci in proporzione alle partecipazioni
detenute; (ii) in forza di conversione obbligatoria di una parte
proporzionale di tutte le partecipazioni sociali già esistenti;
(iii) in forza di conversione facoltativa delle partecipazioni
sociali già esistenti, offerta a tutti i soci in proporzione alle
partecipazioni detenute.
Qualora l'emissione di quote di categoria, pur essendo deliberata
secondo una delle predette modalità, comporti l'attribuzione di
diritti diversi suscettibili di pregiudicare i diritti particolari
già spettanti a uno o più soci, ai sensi dell'art. 2468, comma 3,
c.c., essa richiede il consenso dei soci i cui diritti particolari
vengono pregiudicati, a meno che lo statuto ne consenta la
modificazione a maggioranza, ai sensi dell'art. 2468, comma 4, c.c.
Analogamente, qualora l'emissione di quote di categoria, pur sempre
nell'ambito di una delle predette modalità, comporti l'attribuzione
di diritti diversi suscettibili di pregiudicare i diritti diversi
già spettanti a un'altra categoria di quote, essa richiede
l'approvazione dell'assemblea dei titolari delle quote della
categoria pregiudicata.
Resta in ogni caso ferma la possibilità che si configuri, in
presenza dei presupposti previsti dalla legge, la causa di recesso
prevista dall'art. 2473, comma 1, c.c., consistente nel "compimento
di operazioni che comportano (...) una rilevante modificazione dei
diritti attribuiti ai soci a norma dell'articolo 2468, quarto
comma".
È invece richiesto, salvo diversa disposizione dello statuto, il
consenso unanime di tutti i soci (o quanto meno dei soci in
concreto pregiudicati) in caso di emissione di una nuova categoria
di quote qualora non sia rispettato il principio di parità di
trattamento, ed in particolare qualora l'emissione avvenga: (i) in
forza di un aumento del capitale sociale con esclusione o
limitazione del diritto di opzione; (ii) in forza di conversione
obbligatoria di una parte non proporzionale delle partecipazioni
sociali già esistenti; (iii) in forza di conversione facoltativa
delle partecipazioni sociali già esistenti, offerta solo a una
parte dei soci o comunque non in proporzione alle partecipazioni da
essi detenute.
MASSIMA
In mancanza di diverse disposizioni dello statuto, l'emissione
di nuove categorie di quote da parte di una s.r.l. PMI è deliberata
dall'assemblea dei soci con le maggioranze richieste dalla legge o
dallo statuto per le modificazioni statutarie, a condizione che sia
rispettato il principio di parità di trattamento dei soci. Ciò può
pertanto verificarsi qualora l'emissione di una nuova categoria di
quote avvenga: (i) in forza di un aumento del capitale sociale
offerto in opzione ai soci in proporzione alle partecipazioni
detenute; (ii) in forza di conversione obbligatoria di una parte
proporzionale di tutte le partecipazioni sociali già esistenti;
(iii) in forza di conversione facoltativa delle partecipazioni
sociali già esistenti, offerta a tutti i soci in proporzione alle
partecipazioni detenute.
Qualora l'emissione di quote di categoria, pur essendo
deliberata secondo una delle predette modalità, comporti
l'attribuzione di diritti diversi suscettibili di pregiudicare i
diritti particolari già spettanti a uno o più soci, ai sensi
dell'art. 2468, comma 3, c.c., essa richiede il consenso dei soci i
cui diritti particolari vengono pregiudicati, a meno che lo statuto
ne consenta la modificazione a maggioranza, ai sensi dell'art.
2468, comma 4, c.c. Analogamente, qualora l'emissione di quote di
categoria, pur sempre nell'ambito di una delle predette modalità,
comporti l'attribuzione di diritti diversi suscettibili di
pregiudicare i diritti diversi già spettanti a un'altra categoria
di quote, essa richiede l'approvazione dell'assemblea dei titolari
delle quote della categoria pregiudicata.
Resta in ogni caso ferma la possibilità che si configuri, in
presenza dei presupposti previsti dalla legge, la causa di recesso
prevista dall'art. 2473, comma 1, c.c., consistente nel "compimento
di operazioni che comportano (...) una rilevante modificazione dei
diritti attribuiti ai soci a norma dell'articolo 2468, quarto
comma".
È invece richiesto, salvo diversa disposizione dello statuto, il
consenso unanime di tutti i soci (o quanto meno dei soci in
concreto pregiudicati) in caso di emissione di una nuova categoria
di quote qualora non sia rispettato il principio di parità di
trattamento, ed in particolare qualora l'emissione avvenga: (i) in
forza di un aumento del capitale sociale con esclusione o
limitazione del diritto di opzione; (ii) in forza di conversione
obbligatoria di una parte non proporzionale delle partecipazioni
sociali già esistenti; (iii) in forza di conversione facoltativa
delle partecipazioni sociali già esistenti, offerta solo a una
parte dei soci o comunque non in proporzione alle partecipazioni da
essi detenute.
MOTIVAZIONE
1. - A differenza di quanto avviene in caso di attribuzione di
diritti particolari ai sensi dell'art. 2468, comma 3, c.c. - che di
regola richiede il consenso unanime dei soci, al pari della loro
modificazione e soppressione - l'emissione di categorie di quote
dotate di diritti diversi, ai sensi dell'art. 26, comma 2, d.l.
179/2012, può configurarsi, in particolari circostanze, come una
modificazione dello statuto assoggettata alla regola maggioritaria
valevole in generale per le modificazioni statutarie di s.r.l.
La regola della unanimità in caso di introduzione e modificazione
dei diritti par-ticolari si giustifica essenzialmente in base al
fatto che tale vicenda incide (quasi) per definizione in modo
diverso sui diritti spettanti ai soci della società, apportando una
ec-cezione al principio di uguaglianza e proporzionalità del
contenuto delle partecipazioni sociali solo per alcuni soci o
comunque in modo personalistico e non collettivo. A ben vedere,
invece, l'attribuzione di diritti diversi mediante l'emissione di
una nuova cate-goria di quote può avvenire anche in modo tale da
trattare tutti i soci in modo paritetico, in dipendenza della
partecipazione da essi detenuta, senza distinzioni personalistiche
tra gli uni e gli altri.
Si deve quindi ritenere che il principio maggioritario possa
trovare applicazione proprio in tali casi e a queste condizioni,
ossia qualora l'emissione avvenga nel rispetto della parità di
trattamento di tutti i soci. In tali circostanze, infatti, viene
meno il motivo per il quale il legislatore ha imposto la regola
eccezionale dell'unanimità in luogo del principio maggioritario,
che può dunque mantenere vigore anche se per effetto della
de-liberazione vengono introdotti diritti diversi spettanti solo a
una categoria di quote.
Le vicende che consento il rispetto della parità di trattamento,
come analitica-mente indicato nella massima, sono essenzialmente le
seguenti: (i) emissione di una nuova categoria di quote mediante un
aumento del capitale sociale offerto in opzione ai soci in
proporzione alle partecipazioni detenute; (ii) emissione di una
nuova categoria di quote mediante conversione obbligatoria di una
parte proporzionale di tutte le parteci-pazioni sociali già
esistenti; (iii) emissione di una nuova categoria di quote mediante
conversione facoltativa delle partecipazioni sociali già esistenti,
offerta a tutti i soci in proporzione alle partecipazioni detenute.
In ciascuno di questi casi, si verifica sì una modificazione del
contenuto delle partecipazioni sociali, mediante la creazione di
una categoria di quote dotate di diritti diversi, ma ciò avviene in
modo uguale per tutti i soci o almeno mediante un'offerta rivolta
in modo uguale a tutti i soci. L'identità dell'interesse comune,
pertanto, giustifica l'applicazione del generale principio di
mag-gioranza, senza che sia necessario ricorrere alla regola
unanimistica, eccezionalmente prevista dalla legge solo qualora
venga meno l'identità dell'interesse comune dei soci.
2. - Quanto sin qui argomentato va riferito alle ipotesi in cui
l'attribuzione dei diritti diversi alla nuova categoria di quote
(oltre ad avvenire nel rispetto della parità di trattamento tra i
soci) non comporti un pregiudizio nei confronti di diritti
particolari già attribuiti a uno o più soci ai sensi dell'art.
2468, comma 3, c.c., o di diritti diversi già spettanti a un'altra
categoria di quote, ai sensi dell'art. 26, comma 2, d.l. 179/2012.
Qualora invece l'emissione della nuova categoria di quote, pur
avvenendo secondo una delle modalità che consentono di rispettare
la parità di trattamento, comportasse un si-mile pregiudizio, si
può continuare ad applicare il principio di maggioranza, ma si
ri-chiede il consenso dei titolari dei diritti particolari
pregiudicati o l'approvazione dei ti-tolari delle quote della
categoria pregiudicata.
Nel primo caso, non dovrebbero esservi dubbi che sia necessario il
consenso di tutti i titolari dei diritti particolari pregiudicati,
non essendovi modo di applicare ad essi la regola maggioritaria,
sia in virtù del disposto dell'art. 2468, comma 4, c.c. sia per la
mancanza di un interesse comune dei titolari di diritti particolari
(sempre che, beninteso, lo statuto non preveda diritti particolari
omogenei a una pluralità di soci e disponga la regola maggioritaria
per il rilascio del loro consenso in caso di modifica dei loro
diritti particolari). D'altro canto, va altresì motivata
l'affermazione contenuta nella massima, relativamente al fatto che
in tal caso, pur essendo necessario il consenso dei titolari dei
diritti particolari, è sufficiente la deliberazione maggioritaria
dell'assemblea "generale" dei soci. Ed invero, la deroga della
regola unanimistica stabilita dall'art. 2468, comma 4, c.c., per le
modificazioni dei diritti particolari (che non si accontenta del
consenso dei titolari dei diritti particolari, bensì richiede il
consenso di tutti i soci), si fonda in tal caso proprio sulla
diversa natura dei diritti diversi, attribuiti in modo uguale e
proporzionale a tutte le quote di una categoria, le quali sono
emesse, nelle ipotesi di cui qui si discute, nel rispetto della
parità di trattamento di tutti i soci.
Nel secondo caso, l'emissione di una nuova categoria di quote, che
sia suscetti-bile di pregiudicare i diritti diversi di un'altra
preesistente categoria di quote, richiede l'approvazione dei
titolari di queste ultime. Il punto è oggetto di approfondimento
nella successiva massima 177, ove si sostiene che l'approvazione
costituisce di regola oggetto di una deliberazione assunta a
maggioranza dai titolari delle quote della categoria in-teressata,
con i quorum, le modalità e le forme previste per le deliberazioni
assembleari di modifica dello statuto, sempre che lo statuto stesso
non disponga diversamente.
3. - Rimane infine da verificare se la deliberazione assunta a
maggioranza dall'assemblea dei soci, avente ad oggetto una delle
predette modalità di emissione di una nuova categoria di quote,
possa dar luogo alla tutela individuale del socio che non ha votato
a favore della proposta di deliberazione, configurando una causa
legale di re-cesso dalla società ai sensi dell'art. 2473 c.c. La
fattispecie che può venire in considera-zione a tal proposito -
senza che ciò incida in ogni caso sulla validità e sull'efficacia
della deliberazione assunta a maggioranza - è l'ultima di quelle
previste dall'art. 2473, comma 1, c.c., e precisamente il
"compimento di operazioni che comportano (...) una rilevante
modificazione dei diritti attribuiti ai soci a norma dell'art.
2468, quarto com-ma".
E' evidente che la lettera della legge considera espressamente solo
una delle ipo-tesi sin qui contemplate, posto che la legge
presuppone la preesistenza di diritti partico-lari ai sensi
dell'art. 2468, comma 3, c.c. (e la possibilità che essi siano
modificabili a maggioranza, giacché sarebbe altrimenti applicabile
la regola del consenso unanime im-posta dall'art. 2468, comma 4,
c.c., rendendo quindi inapplicabile il recesso). Non rien-trano
invece nella fattispecie espressamente definita dalla legge le
altre ipotesi descritte nella massima, ossia quella della
deliberazione maggioritaria di emissione di una nuova categoria di
quote in mancanza di preesistenti diritti particolari e di
preesistenti diritti diversi, nonché quella della deliberazione
maggioritaria di emissione di una nuova cate-goria di quote in
presenza di preesistenti diritti diversi di un'altra categoria di
quote (e approvazione a maggioranza da parte dell'assemblea
speciale dei titolari di queste ulti-me).
Tuttavia, occorre considerare che la disposizione ora esaminata è
stata scritta nell'ambito di un quadro normativo in cui l'unica
tecnica a disposizione delle s.r.l. per derogare al principio di
uguaglianza del contenuto delle partecipazioni sociali era (ed è
tuttora, per le s.r.l. non PMI) quella dei diritti particolari,
senza facoltà alcuna di attri-buire diritti diversi mediante
l'emissione di categorie di quote. Ne consegue che, mutato il
sistema normativo applicabile alle s.r.l. PMI, potrebbe essere
fondato il tentativo di estendere la causa legale di recesso in
parola anche alle operazioni che comportano una "rilevante modifica
dei diritti dei soci" in generale, e non solo dei diritti
particolari ai sensi dell'art. 2468, comma 3, c.c.
Occorre dunque tenere in considerazione una possibile
interpretazione in tal sen-so, allorché l'assemblea di una s.r.l.
deliberasse a maggioranza - pur nel rispetto della parità di
trattamento e pur in assenza di un possibile pregiudizio nei
confronti di diritti particolari già attribuiti a uno o più soci ai
sensi dell'art. 2468, comma 3, c.c. - l'emissione di una categoria
di quote fornite di diritti diversi. Ciò non inficerebbe la
va-lidità, l'efficacia o la "omologabilità" della deliberazione
(che non richiede alcun pre-ventivo requisito formale o sostanziale
quand'anche suscettibile di configurare una causa di recesso),
bensì potrebbe dar luogo a conseguenze rilevanti sul piano
patrimoniale e amministrativo nel rapporto tra la società e i soci,
delle quali è bene che gli organi sociali siano preventivamente
edotti.