114. Fusione transfrontaliera semplificata e organo deliberante (artt. 18, comma 2, d. lgs. 108/2008, 2505, commi 2, 3, c.c. e 2505-bis, commi 2, 3, c.c.)
Nella fusione transfrontaliera per incorporazione tra
società, delle quali una possiede una partecipazione totalitaria
nell'altra o nelle altre, la deliberazione di fusione della società
italiana, sia essa incorporante o incorporata, potrà essere
adottata dal proprio organo amministrativo alle condizioni
previste, con gli opportuni adattamenti, dall'art. 2505, commi 2 e
3, c.c. Tuttavia, per l'art. 18, comma 2, d.lgs. 108/1998, la non
necessità della deliberazione assembleare della società
incorporata, ove italiana, prescinde dall'esistenza di una clausola
statutaria in tal senso.
Nella fusione transfrontaliera per incorporazione tra società,
delle quali una possiede una partecipazione almeno pari al novanta
per cento del capitale dell'altra o delle altre, la deliberazione
di fusione della società incorporante italiana potrà essere
adottata dal proprio organo amministrativo alle condizioni
previste, con gli opportuni adattamenti, dall'art. 2505-bis, commi
2 e 3, c.c.
MOTIVAZIONE
Nell'art. 18, comma 2, d. lgs. 108/2008 si legge che nella
fusione transfrontaliera per incorporazione tra società di cui una
possiede l'intero capitale dell'altra o delle altre: i) se
incorporata è una società italiana, non è richiesto che l'assemblea
di tale società approvi il progetto di fusione; ii) se incorporante
è una società italiana, si applica l'art. 2505, commi 2 e 3,
c.c.
Merita ricordare che i richiamati commi 2 e 3 dell'art. 2505
c.c. si applicano nelle fusioni domestiche (cioè tra società tutte
italiane) con riguardo sia all'incorporata sia all'incorporante, e
stabiliscono che la decisione di fusione può essere adottata
dall'organo amministrativo, anzi che dall'assemblea, alle seguenti
condizioni: a) che ciò sia previsto dallo statuto della società
interessata; b) che la decisione dell'organo amministrativo risulti
da atto pubblico; c) che sia rispettato l'art. 2501-ter
c.c. (contenuto del progetto di fusione e sua pubblicità nel
registro delle imprese nel rispetto del termine di legge, salvo
rinunzia unanime dei soci); d) che per la incorporante sia
rispettato l'art. 2501-septies c.c. (deposito del progetto
e degli ultimi tre bilanci delle società partecipanti presso la
sede sociale); e) che i soci della incorporante rappresentanti
almeno il 5% del capitale sociale abbiano avuto la possibilità di
richiedere, entro 8 giorni dal deposito del progetto di fusione,
che la incorporante deliberi in assemblea sul progetto di
fusione.
La laconica disposizione contenuta nell'art. 18, comma 2, cit.
potrebbe far nascere il dubbio che nella fusione transfrontaliera
con incorporata italiana interamente posseduta quest'ultima non sia
tenuta a prendere alcuna decisione nella ipotetica sufficienza di
un progetto di fusione debitamente pubblicizzato e della decisione
di sua approvazione ad opera della sola (assemblea della)
incorporante straniera.
Il dubbio va risolto nel senso che rimane indispensabile una
decisione di approvazione del progetto adottata, con
verbalizzazione notarile e sua iscrizione nel registro delle
imprese, almeno dall'organo amministrativo (in alternativa
all'assemblea), nel rispetto di quanto stabilito dall'art. 2505,
comma 2, c.c., con l'unica differenza che la competenza dell'organo
amministrativo al riguardo deriva direttamente dalla legge e non si
richiede una clausola statutaria di specifica attribuzione di tale
competenza.
Depongono in questo senso decisivi argomenti ricavabili
dall'interpretazione della norma della direttiva a cui si raccorda
la disposizione in oggetto, dal principio fondamentale della
parificazione della fusione transfrontaliera alla fusione interna
per quanto non diversamente disposto dalla direttiva e, infine,
dall'applicazione di altre norme contenute nel d. lgs.
108/2008.
Sotto il primo profilo va richiamato l'art. 15, § 1, della
decima direttiva, ove si precisa che nella fusione semplificata in
discorso alle società incorporate non si applica l'art. 9, § 1,
della stessa direttiva, per il quale è l'assemblea generale delle
società partecipanti che approva il progetto di fusione. Poiché
l'art. 9, § 1, cit. impone l'approvazione assembleare del progetto
di fusione, la sua non applicazione significa che, ricorrendo gli
estremi della fattispecie in esame, il legislatore nazionale è
libero di non prescrivere l'approvazione assembleare: ma da ciò non
si desume né che è superflua l'approvazione del progetto da parte
di qualsiasi altro organo né che un'approvazione assembleare sia da
considerarsi contraria alla direttiva.
Sotto il secondo profilo il principio generale della
parificazione della fusione transfrontaliera alla fusione interna,
per tutto quanto non diversamente disposto, interviene per colmare
le lacune del d. lgs. 108/2008, il cui art. 18, comma 2, si limita
a dichiarare "non richiesta" l'approvazione assembleare del
progetto da parte dell'incorporata italiana, senza precisare che
cosa occorra in positivo perché la fusione si realizzi. Da quel
principio si desume la necessità dell'approvazione del progetto ad
opera dell'organo amministrativo alla stessa stregua e con lo
stesso procedimento da seguirsi in una fusione interna deliberata
da un'incorporata il cui statuto dispensi dall'approvazione
assembleare.
Del resto, così entrando nel terzo profilo sopra
segnalato, l'assenza di una decisione di fusione da parte
dell'incorporata, ovvero la sufficienza che tale decisione sia
adottata dalla sola incorporante straniera con effetto anche per la
incorporata italiana, creerebbe irresolubili problemi:
i) di tutela dei creditori dell'incorporata, il cui potere di
opposizione può essere esercitato nel termine di legge a decorrere
dalla pubblicità della decisione di fusione presa da parte della
società loro debitrice (se così non fosse, occorrerebbe quantomeno
una previsione aggiuntiva che faccia decorrere tale termine dalla
iscrizione del progetto di fusione o dalla pubblicità della
decisione della incorporante straniera);
ii) di assenza di controlli di legalità sulla fusione per
l'incorporata italiana, poiché tali controlli sono esplicati dal
notaio in sede di iscrizione nel registro delle imprese della
decisione di fusione, in ipotesi mancante;
iii) di rilascio del certificato preliminare nel rispetto
dell'art. 11, comma 2, lett. (a), ove si richiede che il notaio
attesti "l'iscrizione nel registro delle imprese della delibera di
fusione transfrontaliera", a dimostrazione che una tale delibera -
per ogni società partecipante - è comunque imprescindibile.
Quanto precede porta alla conclusione che l'unica portata
derogatoria dell'art. 18, comma 2, cit. consiste nella non
necessità dell'approvazione assembleare da parte della incorporata
pur in assenza di una clausola statutaria che ciò preveda. Ma resta
ferma la necessità: i) di una deliberazione/decisione di fusione da
parte dell'organo amministrativo, che ne assume le connesse
responsabilità; ii) della documentazione di tale delibera/decisione
da parte del notaio con atto pubblico, al fine di procedere alla
relativa iscrizione nel registro delle imprese all'esito positivo
dei controlli richiesti dalla legge italiana; iii) della previa
(rispetto alla decisione in parola) esecuzione delle formalità
pubblicitarie previste dalla legge, che nella fusione
transfrontaliera consistono nella iscrizione del progetto comune
nel registro delle imprese e nella pubblicazione sulla Gazzetta
Ufficiale delle informazioni di cui all'art. 7.
Lo stesso principio di parificazione alla fusione interna porta
a ritenere che, pur nel silenzio al riguardo del d.lgs. 108/2008 (e
della decima direttiva), trovi integrale applicazione l'art.
2505-bis c.c. per il caso di incorporazione tra società di
cui una possiede almeno il 90% del capitale dell'altra. La parte
relativa all'organo deliberante (commi 2 e 3) - organo
amministrativo invece che organo assembleare - si applica in ogni
caso alle società italiane, incorporanti o incorporate, a
condizione che lo statuto preveda la competenza dell'organo
amministrativo. Tuttavia la parte relativa alla possibile assenza
della relazione degli esperti (comma 1) - qualora la minoranza
abbia il diritto di farsi acquistare le proprie azioni o quote -
trova sicura applicazione in caso di incorporata italiana, mentre
nel caso di incorporante italiana va verificato di volta in volta
se anche la legge regolante l'incorporata non italiana consenta
tale esenzione e/o non vi opponga ostacoli (e ciò sebbene sul piano
teorico potrebbe argomentarsi dal principio di prevalenza
dell'ordinamento più liberale, quello che maggiormente favorisce la
realizzazione delle fusioni transfrontaliere, per desumere che è
sufficiente che tale opzione, consentita dall'art. 28 della Terza
Direttiva, sia prevista da uno solo degli ordinamenti che regolano
le società partecipanti per imporsi anche agli altri).